Presentazione del volume “L’amore omosessuale”

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Un incontro per dialogare apertamente sul tema dell’amore omosessuale insieme agli autori Beatrice Brogliato, psicologa e psicoterapeuta,  e Damiano Migliorini, filosofo e laureato in scienze religiose,  che dopo un lavoro di ricerca e sensibilizzazione in alcune realtà parrocchiali del vicentino hanno scritto questo libro con l’obiettivo chiaro di offrire sull’argomento una visione d’insieme coerente, scientifica, senza pregiudizi, al servizio di una Chiesa che è alla ricerca di nuove analisi e di proposte pratiche innovative.

Necessaria è la prospettiva della piena integralità umana delle persone omosessuali, che interroghi il loro amore in tutta la sua complessità. La psicoanalisi, per prima, può contribuire a elaborare una visione dell’affettività omosessuale complessiva, integrale e positiva. La teologia può ascoltarne le conclusioni, senza rinunciare alle sue categorie etiche, ma aggiornando la propria posizione, proponendo una visione pienamente cattolica della persona e della sua sessualità. Visione che si traduce in indicazioni pastorali in grado di aiutare una persona omosessuale a vivere in serena pienezza la propria situazione, la propria affettività e spiritualità cristiana. 

Oltre agli autori interverranno Paolo Rigliano psichiatra, psicoterapeuta e scrittore di diversi libri sul tema dell’omosessualità, e don Dario Vivian teologo e docente di Teologia Pastorale presso la Facoltà Teologica del Triveneto.

Un pianoforte in stazione

Schizzo sul senso della fede

Nella stazione ferroviaria di Padova, da alcuni mesi, vicino ai binari, c’è un pianoforte a coda. Chiunque può suonarlo, è aperto e pronto per emettere suoni, per far sentire la sua voce.

Tempo fa ho accompagnato una persona a prendere il treno e prima di salutarla ho suonato qualcosa al pianoforte. In pochi secondi la stazione si è trasformata completamente. Chi era di passaggio e poteva fermarsi un attimo, appena arrivato oppure in partenza, si è messo vicino al pianoforte. Ognuno, adulto, bambino, in giacca e cravatta, con lo zaino… ognuno era curioso di ascoltare cosa il pianista del momento avesse proposto. Insieme ai fischi dei treni, al fruscio del via vai delle persone, ai rumori, spesso sgradevoli di un luogo per antonomasia sporco e confusionario come una stazione, insieme a tutti questi rumori… si è infilata una melodia, sono apparsi all’improvviso dei suoni che appartengono ad ambienti completamenti diversi. Conosco pochi brani di piano a memoria, ma uno lo ricordo sempre ed è la canzone Imagine di John Lennon, e quindi l’ho suonata.

Tornando a casa pensavo a quanto bella è stata l’idea di mettere un pianoforte in stazione. In molte stazioni in altri paesi da molti anni lo hanno messo. A cosa serve? A niente! E proprio per questo ha senso! Un pianoforte in stazione è totalmente inutile, eppure cambia tutto! Trasforma un luogo anonimo in un piccolo auditorium. Trasforma un luogo di passaggio, in un attimo di sosta. Trasforma un luogo dove nessuno osserva, guarda, ascolta, in un luogo dove è bello fermarsi un attimo con un po’ di sorpresa.

Immagino una chiesa che sia come un pianoforte in una stazione: inutile, senza scopi, senza prodotti particolare da offrire, eppure capace di cambiare la vita! Immagino la fede nel vangelo come quell’aggiunta di cui parla Gesù guardando i gigli del campo che sono totalmente inutili all’industria, alla finanza e al benessere fisico, però danno senso a una vita che forse troppo spesso è solo come una stazione ferroviaria e anche senza pianoforte.

 

don Giulio Osto

Un cappellano trucidato

Un cappellano trucidato

Una storia particolare per il 25 aprile

La parola patria ha in sé l’origine pater, cioè padre a richiamare un legame di figliolanza-fraternità. Il senso di appartenenza alla patria è molto debole negli ultimi decenni, addirittura si fa riferimento alla propria patria più per denigrarla che per sentirsi parte e promuoverla responsabilmente. Le feste civili rimaste: il 2 giugno, il 4 novembre, il 25 aprile sono l’occasione per fare di tutto, ma molto poco che riguardi una cura per il proprio paese. Una delle realtà che rimane a ricordare l’appartenenza a una storia condivisa è la commemorazione delle ultime due guerre, anche se la partecipazione e lo stile sono un po’ logori e poco creativi nella maggior parte dei casi.

Eppure le vicende delle ultime due guerre sono molte e poco conosciute e intrecciano la storia di ogni paese con testimonianze di virtù, onesta e coraggio. Se si passa per il paese di Santa Giustina in Colle vicino a Camposampiero, nell’Alta Padovana, si possono notare affisse in un muretto davanti alla chiesa parrocchiale, numerose lapidi che ricordano un eccidio. Due vie del paese sono dedicate al parroco e al cappellano del paese durante gli anni della seconda guerra mondiale. Entrambi furono trucidati in modo crudele il 27 aprile 1945 per aver nascosto degli ebrei e dei partigiani. Il parroco don Giuseppe Lago e il cappellano don Giuseppe Giacomelli. La scena fu veramente orrenda, quasi un’esecuzione. Ma chi sapeva che i due sacerdoti addirittura avevano nascosto degli ebrei nel campanile? E chi conosce che il Papa a Roma ordinò a tutti i collegi cattolici e ad altre istituzioni di nascondere gli ebrei nelle cantine? Chi sa che nella villa papale di Castelgandolfo il Papa stesso, il criticato Pio XII, fece nascondere e protesse centinaia di ebrei? Queste e altre storie danno un volto diverso a quegli anni e possono darlo anche alle commemorazioni di questi giorni del calendario ancora colorati di rosso. Come la vicenda locale dell’Eccidio di Vallarega sbarca a Padova mer 20 con la proiezione del documentario alle 20.45 al Cinema Esperia, così lun 25 alle 20.30 Teatro La Perla la storia di don Giacomelli arriva a Torreglia attraverso un dramma in due atti di Enzo Ramazzina, ingresso libero. Un altro volto per il 25 aprile, dove la testimonianza della fede intreccia lo spazio civile a costo della vita.

don Giulio Osto

Musulmani ed Ebrei al Cinema La Perla

Musulmani ed Ebrei al Cinema La Perla

Tre film sulle religioni per conoscere e crescere

Le religioni, come la lingua, sono gli elementi culturali più importanti, si può dir costituiscano i fili essenziali del tessuto sociale. La religione instaura il processo della creazione dell’identità. Allo stesso tempo le religioni sono in costante trasformazione e non sono delle realtà monolitiche come si crede. Sono processi che evolvono nel tempo e nello spazio e non sono eventi statici dati una volta per tutte. La loro interazione con il tessuto sociale può subire accelerazioni o rallentamenti o comunque anche processi di stagnazione e di degenerazione. Chi prefigurava la fine, la scomparsa delle religioni si è dovuto ricredere. L’attuale quadro delle religioni diffuse capillarmente nel mondo è in piena espansione e affonda le sue radici in una vasta e complessa gamma di eventi storici e di motivazioni sociali e psicologiche; spesso, poi, le stesse religioni sono strettamente connesse alle condizioni geografiche e sociali, dove la religione è nata e si è sviluppata. Il quadro attuale può considerarsi in piena evoluzione. Due fenomeni toccano da vicino il fatto religioso: il primo è determinato dal grande movimento di fedeli islamici innescato dall’emigrazione verso i paesi più sviluppati e dalle emigrazioni dovute ai conflitti armati. Il secondo è dovuto al processo di secolarizzazione che caratterizza molte aree in varie parti del mondo, compresa la nostra Europa.

“FEDI IN GIOCO – Cinema e dialogo interreligioso” nasce dalla partnership stretta dall’Acec  con il Religion Today Filmfestival che, giunto alla sua 18a  edizione, è stato il primo festival internazionale di cinema delle religioni e ha cercato di promuovere da subito una cultura della pace e del dialogo tra persone, popoli, fedi e culture.

L’iniziativa, proposta in 30 Sale della comunità, in periodo di grandi stravolgimenti sociali, segnati da una spaventosa crisi economica e dal pericolo del fondamentalismo religioso, ci aiuta a leggere attraverso tre film di altrettante religioni: Magic Men  – Ebraismo, Gold and Copper  – Islam, Marie Heurtin  – Cristianesimo. Il contesto in cui viviamo e ci offre gli strumenti per interpretarlo, richiamandoci all’impegno personale, al mettersi in gioco, all’aprirsi alla speranza, a farci testimoni e promotori dei valori del rispetto, della solidarietà, dell’accoglienza, della disponibilità al dialogo.

 

Francesco Giraldo, Presidente Nazionale ACEC

Buona Pasqua di Risurrezione

Nella Pasqua di questo anno giubilare della Misericordia deside-riamo riscoprire nuovamente la potenza dell’abbraccio che il Padre ci offre nelle braccia aperte e nel cuore squarciato del Figlio suo e fra-tello nostro Gesù.
In quell’abbraccio si esprime e condensa un amore sempre pronto a mettersi in gioco, ad accogliere e risanare; come è stato l’abbraccio del padre al figlio che, ritornato a casa, si fa stupire da una reazione inaspettatamente abbondante e convincente.
‘Pace a voi!’, dice il Risorto agli amici ancora ammaccati dalla loro incredulità e paure; ‘Pace a voi!’, ripete l’Amico anche a noi mentre, come allora, soffia su di noi il suo ‘fiato’ vitale e ci invita ad andare e dire e fare ‘Pace’.
Povere le nostre mani ma non al punto da non poter offrire una stretta di mano, un po’ di calore, un abbraccio, appunto! Noi chiama-ti a donare un abbraccio a chi è nostro compagno di strada: come tentiamo, da qualche mese a questa parte, con i giovani rifugiati che ci hanno raccontato la loro via crucis; un abbraccio come abbiamo dato con gioia agli amici ‘diversamente abili’ che, accompagnati dagli operatori della Cooperativa ‘Nuova idea’ e dai loro genitori, sono ve-nuti a trovarci (e ancora verranno).
L’augurio che rivolgiamo di cuore è di vivere e gustare la rinascita che la Pasqua di Gesù afferma possibile, per tutti. Il nostro augurio affettuoso a tutti coloro che si riconoscono parte di questa nostra comunità cristiana e, ugualmente e con tanta cordialità, a chi pure abita questo nostro paese.
Buona Pasqua!
Il Parroco Don Franco, don Giulio, diacono Edoardo, le Suore Dimesse, il Consiglio Pastorale

L’asino che porta il Mistero

L’asino che porta il Mistero

Un racconto per la Settimana Santa

C’era un po’ di inquietudine nella stalla quel giorno. Non era solo la primavera, che gli asini sentono come gli umani e tutti gli altri animali. Era cominciato tutto quando due signori, la mattina, erano venuti a chiedere con tono insolito Asen, con urgenza, per un compito che anche loro non sapevano spiegare bene. Asen era il più giovane. Aveva risposto con disponibile slancio a quella chiamata, rimuovendo qualche retropensiero. Quando era rientrato nella stalla era pensoso e frastornato, ma con le orecchie più diritte del solito, elettrizzato. «Non dici niente?» chiese infine Shomar, che era un po’ il decano del gruppo. Fu come aprirgli le cateratte del cuore.

Così parlò Asen: «Quando ho capito che i due personaggi misteriosi non mi cercavano per fare uno stufato, ho sentito una grande pace interiore, ma anche una grande commozione. Mi hanno steso sulla groppa un mantello e vi hanno fatto sedere Gesù. Ricordate? quel Gesù che ogni tanto abbiamo visto in giro anche noi. È un omone; eppure un giogo così soave e un peso così leggero la mia schiena non lo ricordava. Io non capivo bene che cosa stesse accadendo. La gente si accalcava, gridava, faceva festa. Deve essere proprio speciale questo Gesù».

Ezechiele, per gli amici Esel, non sapeva leggere; ma gli era sempre piaciuto chi narrava di re e di profeti. Accennò: non gli suonava nuova una storia del genere. Lui ascoltava tutto, ma gli restavano in mente soprattutto le storie in cui si parlava di asini. Si esaltava quando gli chiedevano di raccontare di Balaam e di Saul, di Abigail e tante altre storie che ormai conosceva a memoria. Per farlo arrabbiare, gli chiedevano di Assalonne. Allora bofonchiava: «Non volete capire che quello era un mulo?». Si commoveva quando gli chiedevano dell’asino di Abramo, che si era dovuto fermare alle pendici del Moria. Ma più di tutti lo faceva sognare la pagina del profeta Zaccaria. Sentendo il racconto del giovane Asen pensò: Ci siamo! Lo disse anche, ma non gli prestarono attenzione. Tutta la stalla pendeva dalla bocca del puledrino che concitato continuava il racconto.

«Due signore dall’accento romano, forse mogli dei soldati», diceva, «parlavano di un pullus. Ho capito che dicevano di me, e avrei voluto rispondere che a me del pollo non lo ha mai dato nessuno. Ma il momento era troppo serio per impuntarmi e ragliare. Ho tenuto contegno: portavo Gesù. Asinus portans mysteria, diceva l’altra. Sapete che cosa vuol dire?».

Onesimo, per gli amici Onos, si piccava di essere acculturato. «Il latino – ammise – alla scuola degli asini neanch’io l’ho imparato. La storia del pullus mi lascia perplesso. Ma quanto all’asinus portans mysteria mi pare di aver orecchiato – proprio così disse – che è un incarico importante, il servizio più importante che ci possa capitare. A noi asini affidano some preziosissime, e guai se siamo così asini da credere che importanti siamo noi».

Asen continuava: «Poi ho visto la sua mamma. Mi ha fatto una carezza. Mi ha detto in un orecchio: Grazie. Tu lo porti per un paio d’ore; io l’ho portato per nove mesi. Sai? Quando è nato, c’era là anche uno di voi. Ripenso sempre a tutti quelli che si sono presi cura del mio bambino. Altri lo porteranno fino alle estremità della terra. Dobbiamo essere umili, Asen. Se lo sarai, anche te tutte le generazioni diranno beato». Mi ha fatto un’altra carezza, poi si è tirata in disparte. Si vede che aveva tanti pensieri nel suo cuore. Non dimenticherò mai quella donna.

«Noi asini non facciamo molta fatica a essere umili», osservò Shomar. «Il nostro mestiere è portare legna e altri carichi, perché non siano di peso per gli altri. Tu hai portato Gesù per tutti noi, Asen». «Asinus portans mysteria», ripeteva Onos, quasi seguendo un suo corso di pensieri. «Un asino da re», rimuginava Esel; «uno dei nostri».

«A proposito di legna», disse ancora Asen, quasi lasciando venire a galla un pensiero rimosso: «c’era in giro anche qualcuno con un aspetto che non mi è piaciuto. Parlottavano di legna, da portare. Gliela faremo portare a lui, dicevano. Ho capito che non si trattava di me; per noi asini è cosa di tutti i giorni portare la legna. Ma perché volevano farla portare a Gesù?». «Forse è come la storia di Isacco», disse Esel; e ancora il racconto lo inquietava. «L’asino era rimasto ai piedi del monte, e Abramo la legna l’ha fatta portare al figlio». «Sarebbe il nostro mestiere portare la legna», ripetè Asen. «O i re», aggiunse Onos.

«Se nasco un’altra volta mi piacerebbe essere uomo», disse Asen. «Che sciocchezza!», ribattè Onos. «Lo sai che non si può nascere un’altra volta». «Si dice per dire», intervenne Shomar, difendendo il puledrino. «Anche noi asini siamo capaci di sognare». «Però Asen non è un bel nome per un uomo», ribatté Onos, cercando di depistare il discorso. «Come vorresti chiamarti?». Asen era impreparato a questa domanda. Si sentiva solo un asino. Tacque. «Potrebbe chiamarsi Cristoforo», concluse Shomar.

La luna era ormai quasi piena. Una lama di luce entrava dalla finestra della stalla. Forse era una sera così, quando era nato Gesù, pensava Esel, ma non lo disse. Chissà come si chiamava l’asino che era là quella notte.

Don Tullio Citrini

Teologo, Chiesa Ambrosiana, Milano

Chiesa Sacro Cuore di Gesù Torreglia

Cristo sulla sabbia

Dal Vangelo secondo Giovanni

(Gv 8,1-11)

 

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.

Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Cristo sulla sabbia

Una poesia ispirata al vangelo di domenica 13 marzo – 5^ di Quaresima

 

Cristo sulla sabbia

all’adultera in procinto d’essere linciata

cosa vuoi che abbia scritto

se non una poesia d’amore?

Cosa vuoi che siano state

quelle poche lettere

quei piccoli segni rimasti

nel mistero

se non un mistico, silenzioso “ti amo”

detto a tutto il mondo

e cancellato nella notte

furtivamente

da quelli senza peccato?

 

     Angelo Colucci

 

  • Poesia pubblicata nel libro: Osto – S. Valentini (cur.), Parola e Mistero. Premio San    Sabino –        Ottava Edizione, Proget Edizioni, Padova 2015, pg. 65.

Chi accoglie un bambino, accoglie me – Giornata Mondiale di Preghiera delle Donne cristiane

Giornata Mondiale di Preghiera delle Donne cristiane

venerdì 4 marzo 2016

20.45 Cappella Ecumenica S. Giuseppe – Abano Terme

La più grande e più popolata isola dei    Caraibi, CUBA, sta al centro della nostra attenzione quando celebriamo il 4 marzo 2016 nelle comunità cristiane di tutto il mondo la Giornata Mondiale di Preghiera.

20 donne cubane di diverse denominazioni cristiane hanno scelto i testi, le canzoni e le preghiere per la liturgia con titolo e tema: “Chi accoglie un bambino, accoglie me”. Le donne raccontano le loro speranze e preoccupazioni a fronte dei cambiamenti sociali e politici nel loro paese. Nella liturgia tutte le generazioni prendono la parola. Anche durante il regime socialista le donne anziane hanno conservato la loro fede e l’hanno trasmessa ai figli e nipoti. La più grande maggioranza dei Cubani è di confessione cattolica romana, però la storia di 500 anni d’immigrazione ha creato una popolazione diversificata sia di religione che culturalmente. Nella vita spirituale di tanta gente la Santeria afro-cubana svolge ancora oggi un ruolo importante. Nel culto per la GMP 2016 le donne cubane mostrano la loro fede. Nel testo biblico centrale (Marco 10, 13-16) Gesù accoglie i bambini e le benedice. Nel secondo testo biblico (Isaia 11,1-10) si esprime la speranza delle donne in un futuro di pacifica convivenza di tutte le generazioni nelle famiglie. Pensano soprattutto alle prospettive dei giovani di sviluppare i loro talenti e di trovare lavoro, al miglioramento delle condizioni di vita degli anziani e vedono nella convivenza familiare una grande sfida per il futuro – molto attuale in un Cuba che ogni anno perde tanti giovani che emigrano all’estero.

Presentazione tratta dal sito www.chiesaluterana.it