IL PADRE NOSTRO IN FAMIGLIA

Una frase per ogni giorno della settimana.

Vogliamo proporre uno schema molto semplice, a portata di famiglia: uno strumento concreto per dedicare una settimana della preghiera familiare al Padre Nostro, perchè – come affermava San Giovanni Paolo II – “la famiglia che prega unita, resta unita”.

Il Padre nostro è una preghiera di grande semplicità, in grado di adattarsi alle esigenze della vita familiare. La preghiera si eleva a Dio Padre, per poi abbassare lo sguardo a terra. Si parte da Dio per arrivare all’uomo: il ruolo stesso della vocazione alla famiglia cristiana, ovvero quello di “edificare il Regno di Dio nella storia mediante quelle stesse realtà quotidiane che riguardano e contraddistinguono la sua condizione di vita” (FC 50). 

Il Padre nostro in famiglia – Una frase per ogni giorno della settimana

 


Primo Sinodo del terzo millennio della Chiesa patavina

Sono per noi oggi le parole di Gesù: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura”.

Se questo mondo attraversa giorni difficili, l’amore di Cristo ci spinge con maggiore abbondanza di Grazia. Grazia divina che diventa in noi dono d’amore, interesse e dedizione gratuita, impegno per il bene e la giustizia. Grazia che, offrendoci la forza dello Spirito Santo, scende su noi e ci rende testimoni del Vangelo ad ogni creatura.

Il Sinodo diocesano si inserisce in questo mandato missionario e diventa la strada per seguire Gesù.

Altra espressione del Vangelo di oggi: “Allora essi partirono”. Si misero sulla strada, guidati dallo stesso Spirito e dalla stessa Parola, quelli di Gesù. Sulla strada, insieme, uniti: è esattamente ciò che intendiamo per Sinodo!

Camminare insieme è per me speranza e preghiera. In realtà immagino che siano la speranza e la preghiera di ogni vescovo, ma anche di ogni presbitero e battezzato, di ogni padre e madre che vogliono realizzare la propria famiglia nell’amore!

Sinodo è speranza. La speranza si accende quando ci si sente chiamati a raggiungere una meta impegnativa, alta, bella; quando ci si aspetta qualcosa di più, quando si possiedono beni che si desidera condividere con le persone a cui si vuole bene. Questa speranza è dell’intera comunità dei battezzati che è composta anche da presbiteri, da diaconi, da consacrate e consacrati, dalle diverse ministerialità e carismi presenti nel popolo di Dio; e che percepisce il pericolo della dispersione, della frantumazione e che desidera orientarsi anche comunitariamente secondo la volontà di Dio Padre.

Sinodo è anche preghiera. È la preghiera, in comunione con la preghiera sacerdotale di Gesù, di saper camminare insieme, arricchiti dalle nostre usanze e ma anche andando oltre, superando le nostre resistenze e vincendo presunzioni e individualismi. È preghiera di invocazione: “Che siano una cosa sola”! Preghiera che assomiglia a quella dei poveri, di coloro che invocano da Dio giustizia e dignità, senza pretese perché sono poveri; le invocano come Grazia.

Il Sinodo nasce dal desiderio del Vescovo di rendere possibile la strada del futuro e della missione. Strada da percorrere tutti insieme, ognuno con il suo carisma, “avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace”, al servizio di tutti coloro che il Signore ama.

Perché oggi? Sono trascorsi circa sessant’anni dalla celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo: il soffio dello Spirito Santo ha raggiunto tutta la Chiesa cattolica aprendo orizzonti pastorali ricchi di novità; tra questi l’attenzione alla Chiesa locale, là dove vive e si manifesta la Chiesa Una, Santa, Cattolica ed Apostolica, lì dove si realizza la piena vitalità dello Spirito. Qualche anno fa, nel 2013, il Santo Padre Francesco con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium ci ha sollecitati a continuare nel cammino conciliare del rinnovamento pastorale.

Anche noi, nella Chiesa di Padova, abbiamo tante esperienze belle di cui fare memoria. Penso in particolare ad alcuni teologi, come mons. Luigi Sartori, mons. Ermanno Roberto Tura, e al contributo pastorale di vescovi come Girolamo Bortignon, Filippo Franceschi, il Vescovo Antonio Mattiazzo. In questi 60 anni centinaia di presbiteri e molti laici sono stati in missione a nome della Chiesa di Padova; abbiamo attivato servizi di carità straordinari come l’OPSA, il CUAMM, le Cucine economiche popolari. Addirittura abbiamo contribuito, soprattutto tramite mons. Giovanni Nervo e mons. Giuseppe Benvegnù-Pasini, promotori della Caritas italiana, al rinnovamento della testimonianza della carità delle Chiese che sono in Italia.

Conosciamo inoltre la vitalità, proveniente dalla spinta conciliare, di tante nostre comunità che hanno saputo attivare i consigli di comunione conferendo un volto di partecipazione e di corresponsabilità inimmaginabili prima del Concilio. In occasione della visita pastorale ho incontrato veramente tante belle e commoventi testimonianze di amore nei Consigli pastorali ed economici.

È arrivato il tempo di una comprensione di questa lunga esperienza per capire, dalle tracce lasciate dai nostri passi, dove lo Spirito ci sta orientando. Lo Spirito ha agito anche fuori dalla nostra storia diocesana attraverso molte e diverse manifestazioni, ma a noi è consegnata questa porzione di Chiesa, quella radicata in questa terra e in questa storia.

È tempo quindi di una sintesi ecclesiale che permetta di guardare al futuro “insieme”, con un rinnovato coraggio; anzi con un rinnovato entusiasmo. È venuto il tempo di favorire il futuro e di andargli incontro mettendoci in ascolto dello Spirito del Signore Risorto.

Grazie al Cielo non ci sono rotture e tensioni straordinarie. Il nostro è tempo di pace e quindi è tempo favorevole per una riflessione serena e per scoprire la vocazione della nostra Chiesa patavina, per guardare con fiducia avanti.

D’altra parte questo tempo pone molte sfide a livello ecclesiale, sociale e soprattutto culturale: il Covid 19 le ha evidenziate e noi le accettiamo, obbedienti alla nostra vita concreta, come spazio per la missione di preparare ai nostri figli un domani e una terra, sempre promessa, “dove scorrono latte e miele”.

L’incontro di oggi, con il quale annunciamo il primo Sinodo del terzo millennio della Chiesa patavina, è il punto di partenza con il quale qualificare lo stile del cammino che ci aspetta, uno stile eucaristico, spirituale.

Ha già una piccola storia, una storia di discernimento comunitario: il Sinodo dei Giovani vissuto nel 2016-2018 ne ha attestato la proponibilità; alcuni consigli pastorali parrocchiali incontrati da me durante la Visita Pastorale me ne hanno fatto espressa richiesta; ne abbiamo parlato in più occasioni nel Consiglio episcopale; dalla fine del 2019 ci siamo confrontati nel Consiglio Pastorale diocesano e nel Consiglio Presbiterale; ne abbiamo parlato anche con gli uffici pastorali e con le aggregazioni laicali; ne avevo parlato anche con gli uomini e le donne di vita consacrata. 

Di fronte alla crisi provocata dalla Pandemia, che si è presentata proprio mentre riflettevamo sul senso di una proposta così impegnativa, siamo stati presi da qualche incertezza ma abbiamo percepito che proprio la Pandemia ha ulteriormente evidenziato quelle domande di senso e di stile che motivavano l’opportunità di un Sinodo. Abbiamo quindi superato la prova e abbiamo confermato la scelta.

Presa la decisione ai primi di gennaio, oggi indìco il Sinodo diocesano mentre nella Pentecoste del 2022 celebreremo la solenne apertura!

L’indizione è strettamente e spiritualmente connessa alla Celebrazione domenicale dell’Eucaristia in questa Solennità dell’Ascensione del Signore, presieduta da me qui in Cattedrale e da miei delegati in 14 sedi distribuite nel nostro territorio, da Asiago a Montagnana.

L’Eucaristia è metafora del Sinodo: l’indizione corrisponde al movimento di convocazione, che rende possibile il radunarsi dell’assemblea per la celebrazione. Atto al quale normalmente non prestiamo particolare attenzione perché negli ultimi secoli e decenni era dato per scontato. Erano sufficienti le campane per avvertire e chiamare a raccolta il popolo. Indìre evoca il fatto che qualcuno ti chiama, che ti cerca ed esprime la volontà di incontro, di relazione: è il vescovo, oggi; è la tua comunità, ogni domenica; è il Signore stesso, sempre.

Alla convocazione corrisponde una risposta: Vado o non vado? La risposta esprime qualcosa anche di te, della tua relazione con il Signore, con gli altri della comunità, con i padri e le madri della tua fede: sai che ti aspettano!

Nasce così il movimento, una specie di pellegrinaggio, che ti fa uscire di casa e camminare verso la Chiesa, dove sono gli altri a cui sei legato nella fede. Uscire di casa dice la tua scelta di stare con gli altri. A volte questo uscire è faticoso, altre volte è una gioia.

Non sono tempi senza senso o inutili quelli della convocazione: fanno parte del nostro essere persone, fasci di relazioni, di corpo, di tempo. Sono i tempi del cuore pastorale che attende, dello spirito missionario che cerca, del calore dell’amicizia e della familiarità.

I sentimenti e i pensieri che ci accompagnano mentre camminiamo verso la comunità riunita, sono già parte dell’Eucaristia, ci preparano e ci rendono disponibili a vivere l’incontro. Rendono possibile il nostro scambio di sguardi, di strette di mano, di saluti amichevoli e fraterni, e ci preparano all’abbraccio del Signore. Sentendoci convocati dallo Spirito santo nel nome del Padre e del Figlio, accogliamo quelle braccia aperte con le quali chi presiede ci accoglie nella Pace, nella Grazia, nell’Amore, nella Comunione trasformando il nostro camminare verso la Chiesa in pellegrinaggio verso il mistero di Dio.           

Indìco quindi il Sinodo: suono, usando una immagine, le campane, invito le comunità e i cristiani, chiedo loro di mettersi in cammino verso il Signore, la sua parola, la sua Chiesa.

Quest’anno sarà al lavoro una commissione, la Commissione Preparatoria, che incarico pubblicamente di preparare quanto è necessario ascoltando il mondo e la sua cultura, e indicando i nodi e le idee fondamentali per il cammino sinodale. Al Sinodo affidiamo il compito e la responsabilità di capire dal Signore dove vuole che noi andiamo in questo tempo storico, e di indicare scelte e priorità pastorali.

Dopo l’abbraccio del Padre alla comunità convocata, l’assemblea eucaristica viene invitata ad esaminare la propria coscienza. Riconosciamo i nostri peccati, si dice normalmente. L’attenzione è sul “riconoscere”, sulla presa di coscienza, sulla lettura della nostra vita. Il fine non è tanto chiedere perdono, ma celebrare la consapevolezza che il Signore ci accompagna e ci vuole bene: Lui è più grande dei nostri peccati. Per questo penso che la nuova edizione del messale ci inviti a cantare il Kyrie eleison, riconoscendo con questa formula la presenza del Risorto, il Signore, il Kyrios, colui che ha sconfitto il peccato e la morte. Siamo talmente sicuri della sua Signoria che di fronte a lui rileggiamo la nostra vita e non temiamo nemmeno il nostro peccato. Sappiamo che la sua misericordia ci permette di sopportare i nostri limiti e sempre ci perdona.

Così la Commissione Preparatoria dovrà ascoltare il vissuto della nostra Chiesa, quello che pensano e vivono le nostre comunità, e il cammino che le nostre comunità hanno compiuto in questi ultimi decenni. Promuovere cioè una specie di esame di coscienza comunitario: Che coscienza ha la Chiesa di se stessa? Che coscienza hanno della propria fede i cristiani? Che umanità noi cristiani e noi Chiesa stiamo esprimendo? Che cosa possiamo fare di più per vivere la nostra missione nel mondo? Siamo ancora in grado di parlare al mondo, di parlare al mondo dell’amore del Padre che ci è stato manifestato dal Figlio suo e nostro fratello Gesù? Stiamo consolando, incoraggiando, servendo, amando come Gesù ha amato il mondo e noi?

Dobbiamo vivere questo esame di coscienza non tanto con la paura del giudizio o di fare brutta figura, ma con la certezza che il Signore cammina con noi e che a lui possiamo consegnarci fiduciosi.

Nell’Eucaristia, esperienza di fraternità, l’incontro con i fratelli e le sorelle è fondamentale. Vogliamo comunità calorose ed accoglienti, ci hanno detto i nostri giovani nella Lettera finale del loro Sinodo. È fuori dubbio che l’amore reciproco è vangelo. “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amate gli uni gli altri come io ho amato voi”, dice Gesù.

È vero anche che l’Eucarestia non è solo questo. Convocazione, accoglienza, lettura della propria coscienza sono solo i riti di introduzione e per noi oggi questi sono i riti di indizione. L’Eucaristia però è azione dello Spirito, è opera divina. È lo Spirito che opera e rende le parole lette, proclamate, approfondite strada della Parola di Dio; è lo Spirito che rende il pane e il vino Corpo e Sangue di Cristo, è lo Spirito che trasforma un insieme di persone in Chiesa, corpo del Cristo risorto.

Il Sinodo richiede che noi ci mettiamo insieme, che ci confrontiamo, che studiamo, che ascoltiamo, ma non è solo questo. Il Sinodo è prima di tutto opera dello Spirito, non nostra. Quanto possiamo fare ci predispone ad ascoltare lo Spirito, crea atteggiamenti capaci di accogliere la sua azione performante e trasformante. Noi possiamo camminare insieme verso la direzione indicata dallo Spirito, possiamo prendere coscienza delle nostre povertà per appoggiare la nostra speranza nell’azione dello Spirito e non in noi stessi. Insomma possiamo fare tanto ma ciò è nulla rispetto a quello che ci aspettiamo da Lui. I nostri riti di introduzione ci predispongono ad accogliere l’intervento straordinario di Dio, ci predispongono a “celebrare” il Sinodo!

Fin da oggi quindi permettiamo alle campane di suonare, di diffondere il richiamo a tutti, uomini e donne. Che questo suono arrivi alle nostre piazze, che si senta lungo le strade, negli ospedali e nelle case di riposo, nei luoghi della cultura e della scienza, nelle aziende artigianali, commerciali, nelle industrie e in tutti i luoghi dove si lavora, dove si studia e ci si diverte. Ovunque suonino le campane della convocazione perché tutti i figli di Dio si sentano invitati ed attesi. Nessuno si senta escluso per la sua diversità o per la sua fatica.

Fin da oggi invito tutti i cristiani a camminare verso le loro comunità e fraternità, ed invito i presbiteri a spostare le loro priorità dal “fare cose” al “convocare comunità” dove ci si senta chiamati per nome, dall’offerta di servizi religiosi alla difficile edificazione di relazioni fraterne e calorose. Sono i riti di introduzione: è l’indizione della celebrazione del Sinodo della santa Chiesa di Padova.

La mia richiesta per tutti è di cercare, tendere, aspirare all’unità: non possiamo dividerci in questa opera di Dio! L’unità non è omogeneità ma creatività, immaginazione, desiderio di comunione. Il cammino fatto insieme alla ricerca della volontà del Signore, avrà un altro protagonista, il divisore, il serpente antico, cioè il diavolo, il quale con maggiore destrezza si introdurrà nella nostra vita e nella vita della nostra Chiesa per farci fallire. E lo farà a partire dai nostri pensieri taciuti che si esprimeranno in atteggiamenti, in parole e in gesti che si opporranno alla fatica di convocare comunità e di suonare campane per chiamare tutti. Il maligno vorrà dividerci non solo con pensieri taciuti, ma anche con freni interiori, con opposizioni verbali, con rigidità inconsce.

Restiamo uniti da subito. Restiamo uniti nella preghiera. Restiamo uniti nella speranza.  Aiutiamoci gli uni gli altri a rimanere uniti facendoci operatori di pace, di riconciliazione. Il Signore Risorto ha già vinto questa battaglia e continuamente ci rende concordi, capaci di vincere le separazioni e di abbattere le distanze. Tra preti, tra consacrati, tra battezzati aiutiamoci nel rimanere uniti e fraterni nell’aderire alla chiamata del Signore in questo tempo storico della nostra Chiesa.

Frutto della Pentecoste è l’amore fraterno, la concordia, l’avere un cuore solo e un’anima sola. Diventare un solo spirito, un solo corpo come uno solo è il battesimo… Questo sarà il frutto del Sinodo: una nuova e bella comunione della nostra Chiesa e una rinnovata forza missionaria. È la nostra speranza e la nostra preghiera.   

Questo processo inizia oggi con la liturgia dell’ascolto: il Signore ci dia orecchi e cuore per ascoltare quello che lo Spirito dice alle Chiese. Ci predisponga fin da ora ad incontrare i nostri fratelli e sorelle nel Vangelo e ad accogliere l’effusione della rugiada del suo Spirito per diventare sempre più l’opera meravigliosa delle sue mani.

+ Claudio Cipolla, vescovo

 

 

L’Italia ratifichi il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari

L’appello è aperto a tutte le associazioni cristiane e molte altre già hanno aderito, in vista del 2 giugno…

«L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche. Saremo giudicati per questo. Le nuove generazioni si alzeranno come giudici della nostra disfatta se abbiamo parlato di pace ma non l’abbiamo realizzata con le nostre azioni tra i popoli della terra».

(papa Francesco Hiroshima, 24.11.2019)

Leggi l’appello congiunto di Acli, Azione Cattolica Italiana, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari Italia e Pax Christi

 

 

“Sappiamo che le cose possono cambiare” – Settimana Laudato Si’ 2021

In collegamento con tutto il mondo per agire il cambiamento: la Settimana Laudato Si’ 2021 rappresenta il coronamento dell’Anno Speciale Laudato Si’ e la celebrazione del grande progresso che l’intera Chiesa ha compiuto sulla via della conversione ecologica.

Prendi parte alle iniziative: https://laudatosiweek.org/it/home-it/

Porta il cambiamento della Laudato sì nella tua comunità.

La Settimana Laudato Si’ 2021 è anche un momento per riflettere su ciò che la pandemia COVID-19 ci ha insegnato e per prepararci per il futuro con speranza.

 

 

Indizione Sinodo diocesano della Chiesa di Padova

Domenica 16 maggio 2021, solennità dell’Ascensione: una data storica per la Chiesa di Padova, che entrerà negli annali. In questa giornata, infatti, con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Claudio Cipolla, in Cattedrale a Padova (ore 16.30), verrà dato annuncio solenne – Indizione – che la Chiesa di Padova vivrà il Sinodo diocesano. Contemporaneamente in altre 14 chiese del territorio diocesano si celebrerà l’Eucaristia e al termine ci sarà un collegamento con la Cattedrale per ascoltare le parole del vescovo.

Sarà la domenica dell’Indizione del Sinodo diocesano con cui si apre un “santo viaggio”, a cui è invitata e convocata l’intera Chiesa di Padova, che durerà alcuni anni, scanditi in tappe: dopo l’Indizione (16 maggio 2021), ci sarà l’Apertura (5 giugno 2022) e a conclusione dell’intero percorso ci sarà la celebrazione di Chiusura del Sinodo. In mezzo un capillare lavoro di ascolto, di dialogo che coinvolgerà comunità e fedeli, ma anche il territorio e il lavoro della Commissione preparatoria che sarà investita del suo mandato proprio domenica 16 maggio 2021. Ci saranno poi: la definizione dei temi su cui dovrà lavorare l’Assemblea sinodale, l’elaborazione del documento sinodale – Instrumentum Laboris –, i lavori dell’Assemblea sinodale con la relazione finale da presentare al vescovo e quindi la celebrazione di chiusura, che aprirà una nuova stagione della Chiesa padovana.

Un percorso lungo e articolato, guidato dallo Spirito, animato dallo stile del discernimento, orientato da tre verbi di riferimento: riconoscere, interpretare, scegliere. La meta? Raggiungere una visione di Chiesa missionaria condivisa, dopo essersi messi in ascolto della realtà, aver riletto l’esperienza di Chiesa finora vissuta e aver individuato scelte e processi da avviare per rinnovare le prassi pastorali.

Il cammino verso il Sinodo diocesano parte da lontano: un’intuizione che il vescovo Claudio ha maturato fin dall’inizio del suo ministero episcopale e che ha trovato sempre più sostanza, prima con l’esperienza del Sinodo dei giovani (2016-2018); quindi con l’incontro con le parrocchie grazie alla Visita pastorale avviata il 18 ottobre 2018 e tuttora in corso; e negli ultimi anni maturata con il confronto e il discernimento all’interno degli organismi diocesani di comunione: Consiglio presbiterale e Consiglio pastorale diocesano.

Lo scorso 28 febbraio 2021 il vescovo Claudio Cipolla ha inviato una lettera a tutte le comunità parrocchiali e ai fedeli laici e consacrati della Diocesi per annunciare che «la nostra Chiesa di Padova sceglie di celebrare il Sinodo diocesano».

In quell’occasione annunciava la data dell’Indizione del Sinodo diocesano (16 maggio 2021) e sottolineava: «Per il Sinodo vorremmo un percorso leggero, comprensibile e stimolante, evitando la ripetitività e la pesantezza. Se la questione è la visione di Chiesa, come sogno condiviso, allora non ci interesserà discutere ogni singolo tema, quanto, invece, attivare buoni processi di crescita e maturazione, a partire da alcuni criteri e da alcune aree prioritarie di evangelizzazione. Per il Sinodo immaginiamo una partenza da quanto ci appassiona e può diventare generativo, piuttosto che da quanto ci manca e ci sembra deficitario».

Sinodo diocesano come “santo viaggio” scriveva il vescovo Claudio. Ora si apre il cammino.

«Quello che si apre ora è il tempo della convocazionesottolinea mons. Cipolla a ridosso dell’Indizione in un’intervista rilasciata al settimanale diocesano La Difesa del popolo nel numero in uscita domenica 16 maggio – È il momento di indicare a tutti la stazione di partenza a cui ci diamo appuntamento. Questo è il tempo in cui ogni cristiano deve maturare la disponibilità a mettersi su questo treno, a intraprendere questo viaggio. C’è bisogno di spiegare dove si va, con chi si va, quale stile avrà questo viaggio, se siamo in grado di farlo oppure no. Come Diocesi abbiamo scelto di intraprendere la strada del Sinodo con il parere positivo del Consiglio pastorale diocesano e del Consiglio presbiterale, ora vogliamo interpellare comunità e singoli cristiani nelle varie forme di vita a partecipare. Questo è il tempo della convocazione».

E per tutti l’invito a fidarsi «della fantasia dello Spirito Santo. Noi partiamo, non sapremo cosa scopriremo, ma questo è il bello di un sinodo. Un sinodo non è opera nostra ma è opera dello spirito».

L’Indizione sarà celebrata in Cattedrale e contemporaneamente in altri 14 luoghi della Diocesiper facilitare la partecipazione in questo tempo di pandemia, ma prima e soprattutto per sottolineare come la Chiesa di Padova sia profondamente radicata nei diversi territori geografici su cui si estende. La celebrazione avrà inizio per tutte le sedi alle ore 16.30. Alle ore 17.30 ciascuna delle 14 chiese attiverà il collegamento con la Cattedrale per ascoltare le parole del vescovo che introdurrà il prossimo anno pastorale, caratterizzato dalla continuità di alcuni percorsi pastorali ordinari e dal primo anno di preparazione al Sinodo. Il vescovo Claudio inoltre consegnerà il mandato alla Commissione preparatoria e alla Segreteria del Sinodo, che già dallo scorso gennaio è al lavoro per accompagnare questo evento diocesano nel suo percorso e nella sua organizzazione. La Commissione preparatoria, dopo il suo insediamento, avrà il compito, grazie a un coinvolgimento capillare, di favorire un primo tempo di ascolto dei territori per raccogliere i punti di rottura e i germogli del nostro tempo, delle nostre comunità cristiane, della Diocesi, e di elaborare i temi sui quali lavorerà la Chiesa di Padova dopo l’apertura del Sinodo.

In Cattedrale e nelle diverse sedi molti dei posti saranno, causa pandemia, riservati ad alcune rappresentanze di presbiteri, diaconi, comunità religiose, vicepresidenti dei consigli pastorali parrocchiali e vice-amministratori dei consigli parrocchiali per la gestione economica. In Cattedrale ci saranno anche i rappresentanti delle consacrate e dei consacrati, delle altre chiese cristiane, delle comunità etniche, di associazioni e movimenti ecclesiali, delle realtà civili.

Per quanti non potranno accedere, per questioni numeriche alle celebrazioni, e per le persone impossibilitate a muoversi (anziani, malati, ecc.), sarà possibile seguire la diretta streaming sul sito della Diocesi di Padova (www.diocesipadova.it), o la diretta televisiva sul canale 117 del digitale terrestre Telenuovo Padova a partire dalle ore 16.30.

Le altre sedi in cui si celebrerà l’Indizione del Sinodo diocesano:

  1. Duomo di Thiene (vicariato di Thiene)
  2. Parrocchiale di Piovene Rocchette (vicariati di Caltrano e Lusiana)
  3. Duomo di Asiago (vicariato di Asiago)
  4. Duomo di Valdobbiadene (vicariato di Quero-Valdobbiadene)
  5. Parrocchiale di Campodarsego (vicariati di Graticolato, Vigodarzere, Vigonza)
  6. Duomo di Cittadella (vicariati di Cittadella, Crespano, Valstagna-Fonzaso)
  7. Parrocchiale di Montegalda (vicariati di Montegalda, Selvazzano, Limena)
  8. Duomo di Abano Terme (vicariati di Abano Terme, Maserà, Colli)
  9. Parrocchiale di Fossò (vicariati di Vigonovo, Dolo, Campagna Lupia)
  10. Duomo di Piove di Sacco (vicariati di Piove di Sacco, Legnaro)
  11. Parrocchiale di Conselve (vicariato del Conselvano)
  12. Duomo di Monselice (vicariato di Monselice)
  13. Duomo di Este (vicariato di Este)
  14. Duomo di Montagnana (vicariati di Montagnana – Merlara)

Corso base sul BIBLIODRAMMA – PAROLA VISSUTA

Corso base per apprendere la metodologia esperienziale del Bibliodramma, già sperimentata all’Assemblea diocesana dei catechisti nel febbraio 2020. Il corso era previsto a novembre 2020, poi spostato a marzo/aprile 2021 e ora definito nelle seguenti date: sabato 5 giugno dalle 8.30 alle 18.00 e domenica 6 giugno dalle 8.30 alle 12.00.

La proposta si terrà in presenza presso la Casa di spiritualità “La Madonnina” di Fiesso d’Artico (VE) e prevede l’iscrizione ad entrambe le giornate.

Il pranzo del sabato è al sacco personale (ognuno provveda al proprio); le disposizioni sanitarie non prevedono il porta e offri!

Per le iscrizioni utilizzare il modulo on line nella sezione “Iscrizione ai corsi” del sito: http://www.ufficioannuncioecatechesi.diocesipadova.it

Quota di partecipazione: € 25 – massimo 30 partecipanti

Per info: 049-8226103 – segreteria.catechesi@diocesipadova.it

 

NB per gli iscritti: nel caso il corso non si potesse fare in presenza a causa di nuove disposizioni governative, sarà ugualmente previsto un momento on line di conoscenza del Bibliodramma, nel pomeriggio di sabato 5 giugno.

Il link per accedere all’incontro sarà inviato direttamente agli iscritti tramite email.

 

Corso base suL BIBLIODRAMMA – PAROLA VISSUTA

 

 

Il Papa istituisce il ministero di catechista

È stato pubblicato oggi, martedì 11 maggio, il Motu proprio “Antiquum ministerium” con cui Francesco stabilisce il ministero laicale di catechista: un’urgenza per l’evangelizzazione nel mondo contemporaneo, da svolgersi in forma secolare, senza cadere nella clericalizzazione.
Il nuovo ministero ha origine molto antiche che risalgono al Nuovo Testamento: in forma germinale, ne parlano ad esempio il Vangelo di Luca e le Lettere di San Paolo Apostolo ai Corinzi e ai Galati. Ma “l’intera storia dell’evangelizzazione in questi due millenni – scrive il Papa – mostra con grande evidenza quanto sia stata efficace la missione dei catechisti”, i quali hanno fatto sì che “la fede fosse un valido sostegno per l’esistenza personale di ogni essere umano”, giungendo “perfino a donare la loro vita” a questo scopo. A partire dal Concilio Vaticano II, poi, è cresciuta la consapevolezza del fatto che “il compito del catechista è della massima importanza”, nonché necessario allo “sviluppo della comunità cristiana”. Anche oggi, prosegue il Motu proprio, “tanti catechisti capaci e tenaci” svolgono “una missione insostituibile nella trasmissione e nell’approfondimento della fede”, mentre una “lunga schiera” di beati, santi e martiri catechisti “ha segnato la missione della Chiesa”, costituendo “una feconda sorgente per l’intera storia della spiritualità cristiana”.
Riportiamo in allegato il Motu proprio di Papa Francesco per una conoscenza personale del testo. Avremo modo di approfondirlo, di comprenderne il valore e la sua attuazione nei prossimi mesi.

Ripartire insieme, ecco l’obiettivo

Le Linee guida per la catechesi in Italia in tempo di Covid hanno visto la luce nell’estate 2020, quando la speranza di aver quasi superato la fase critica della pandemia pervadeva ogni ambiente. Nei mesi successivi abbiamo constatato una situazione ben diversa. Di fronte al comprensibile bisogno di riprendere le attività pastorali nelle comunità, il documento invitava a distinguere tra l’urgente e l’importante e optava per la seconda prospettiva, suggerendo un intervento di tipo “strutturale”: «È importante rifuggire la tentazione di soluzioni immediate e cercare di discernere una nuova gerarchia pastorale». Emergono quattro punti: l’ascolto, che mette al centro le persone; la narrazione, forma di comunicazione privilegiata di chi si percepisce amato da Dio e vive da discepolo di Gesù; la comunità, che favorisce una rete di relazioni; la creatività, una sfida che richiede ingegno e realismo da parte di tutti i soggetti ecclesiali impegnati nell’evangelizzazione.

Vengono indicati cinque elementi – le trasformazioni pastorali – che implicano un cambio di mentalità. Agli operatori pastorali viene suggerito di agire con calma sapiente, riservando «un tempo disteso alla formazione, all’ascolto e a processi decisionali che coinvolgano l’intera comunità», che deve farsi attenta a chi, soprattutto in questo tempo, vive una certa distanza da essa, con una prossimità fattiva e sincera, che osa rischiare una parola di Vangelo nell’ottica del primo annuncio. Il dialogo e il discernimento comunitario, anche attraverso gli organismi di partecipazione, permetteranno di immaginare, con creatività e a partire da ciò che già si fa, quanto a tempi, luoghi e modalità di evangelizzazione e catechesi per ragazzi e famiglie, magari vissute insieme, resistendo alla tentazione di soluzioni immediate e focalizzandosi su ciò che è essenziale. L’esercizio della calma sapiente permetterà di sostanziare l’itinerario di iniziazione cristiana con significative esperienze di ascolto della Parola, di carità e di preghiera, come pure di riscoprire la celebrazione dei sacramenti come momento in cui la comunità incontra Cristo: senza la dimensione comunitaria, la celebrazione rischia di ridursi a una ricorrenza privata.

Ci è chiesto di leggere i segni dei tempi, di assecondare l’azione dello Spirito e di accogliere il mondo nella sua concretezza, in una conversione pastorale che trasformi le nostre parrocchie, preoccupate di programmi, scadenze e strutture, in comunità attente alle persone e alla storia, secondo la visione profetica di papa Francesco: «Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione» (EG, 27). Per ripartire insieme e non solo per ricominciare.

Silvia Mancini insegnante,
direttrice dell’ufficio catechistico della diocesi di Arezzo Cortona Sansepolcro e coordinatrice per uffici catechistici della Regione Toscana

 


NOI abbracciamo il mondo

Verso un noi sempre più grande”, è il titolo del Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che la Chiesa italiana celebra il prossimo 26 settembre.

Il Papa invita ad aprire la mente e ad abbracciare spazi più ampi, che danno respiro e spessore alla vita, per diventare una grande famiglia, un grande “NOI”, perché «tutti abbiamo bisogno degli altri e nessuno si salva da solo».

Una lezione imparata una volta di più durante la pandemia, nei confronti della quale, ribadisce il Pontefice, «la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora maggiormente in un febbrile consumismo e in nuove forme di autoprotezione egoistica».

Il rischio, infatti, è di cedere ai «nazionalismi chiusi e aggressivi e all’individualismo radicale».

Si tratta invece di sovvertire questa logica, «perché non ci siano più muri che ci separano, non ci siano più gli altri, ma solo un noi, grande come l’intera umanità».

È la prospettiva della cultura dell’accoglienza, del rispetto vicendevole, della dignità propria di ogni persona, che a ben vedere sono le prerogative della convivenza umana e della civiltà.

Messaggio del Santo Padre Francesco per la 107ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2021

In Cattedrale tutte le lingue della fede

Nella Cattedrale di Padova irrompe lo Spirito della Pentecoste nella Messa delle 11.30 di Domenica 23 maggio. Attorno al Vescovo Claudio si stringeranno i rappresentanti di tutte le comunità etniche di religione cattolica che vivono nella Diocesi di Padova, assieme ai loro 12 cappellani etnici.

I canti saranno in lingue diverse, come anche i saluti iniziali e le preghiere dei fedeli. Verrà dato il segno della gioiosità dell’unica Chiesa di Cristo, dove “non ci sono più né stranieri né ospiti”, e c’è la bellezza delle diverse espressioni dell’unica fede.