Cammino di iniziazione cristiana. Grande avventura per tutta la Diocesi. Il ricordo di mons. Renato Marangoni

Mons. Renato Marangoni ripercorre i passi che hanno dato origine al ripensamento. Tra inquietudine pastorale e passione evangelica. Un germoglio del nuovo percorso, da coltivare ancora senza incertezze, sono i genitori.

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Cento anni di comboniani a Padova. Il grazie dei missionari. La gratitudine di Padre Tesfaye, superiore generale

«In occasione del centenario della presenza della comunità comboniana, la cosa che mi preme di più è esprimere gratitudine alla Chiesa di Padova che ha dato missionari fidei donum, religiosi, religiose e laici in tutto il mondo e in secondo luogo ringraziare questa Diocesi per tutto ciò che abbiamo ricevuto noi missionari comboniani in questi cento anni di storia: confratelli, aiuto materiale, supporto spirituale e accoglienza nelle comunità locali». A parlare è padre Tesfaye Tadesse Gebrisilasie, etiope, eletto nel 2015 superiore generale dei missionari del Cuore di Gesù.

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Cammino di iniziazione cristiana

Mons. Renato Marangoni ripercorre i passi che hanno dato origine al ripensamento. Tra inquietudine pastorale e passione evangelica.

1) Quando è iniziato il percorso di iniziazione cristiana della nostra Diocesi tu eri vicario per la pastorale. Potresti raccontarci un po’ come è nata l’idea di questa “nuova impostazione” nella catechesi?

Riconosco che fu una “grande avventura”, perché attorno all’Iniziazione cristiana dei ragazzi sembravano confluire lì tutte le attenzioni e preoccupazioni pastorali che negli anni precedenti avevamo incontrato. Fu senz’altro un tema e una questione “generale”. Convocava tutti: preti, catechisti/e, Consigli pastorali, animatori nella Liturgia e nella Carità, animatori e accompagnatori, associazioni e aggregazioni ecclesiali e di ispirazione cristiana, le comunità parrocchiali e le famiglie… Anche i grandi temi che circolavano tra le Diocesi italiane dopo il Giubileo del 2000 potevano così intrecciarsi. Penso alla prospettiva del “Vivere e comunicare la fede oggi”, dell’“Unire fede e vita”, di “Comunità che generano alla fede”… Questa prospettiva del “generare alla fede” puntava a toccare il centro della vita delle parrocchie. Decisivo fu l’anno pastorale 2010-2011 quando si fecero i primi passi concreti per ripensare l’IC dei fanciulli e dei ragazzi. Fu un vivace tirocinio che vivacizzava il Consiglio pastorale diocesano e poi i Coordinamenti vicariali e , quindi, i Consigli pastorali parrocchiali, ma poi attraversò anche la preparazione e l’evento di Aquileia 2 (Convegno delle Chiese del Triveneto, aprile 2012). Tornava insistente la domanda: Chi è la comunità cristiana. Rilevo il “chi?” rispetto al solito interrogativo “che cosa?”. Si trattava di risvegliare anche una più estesa e coinvolgente soggettività ecclesiale. Un altro elemento in quegli anni fu sorprendente e decisivo in Diocesi di Padova: il catecumenato degli adulti: giovani, uomini e donne adulti, a volte famiglie intere, che domandavano di diventare cristiani. Diventò necessario chiedersi tutti, ad ogni livello delle comunità: come si diventa cristiani? Nelle parrocchie anche ragazzi e ragazze – spesso di altra provenienza etnica e dunque religiosa – coinvolti con i loro amici e compagni di scuola chiedevano di diventare cristiani. Questa richiesta fu provocante, perché metteva in discussione nelle parrocchie interessate gli automatismi catechistici e le conseguenti tappe dei sacramenti, vissuti più come conclusione di una serie di incontri catechistici e come evento straordinario centrato su alcuni effetti particolari. Dunque fu un insieme di fermenti che portò a “ripensare l’IC”. Strategico fu un “lavorare insieme “a livello di regia diocesana. Tale metodo fu una delle risorse e delle forze del cammino di re-impostazione intrapreso.

2) Quali sono gli obiettivi che ci siamo dati, come Chiesa di Padova, con questo percorso? Quali le scelte di fondo?

Gli obiettivi per cui ci si è messi alla ricerca di una impostazione nuova sono i cambiamenti socio-culturali e, dunque, socio-religiosi delle nostre parrocchie. Un principio fondamentale – forse rimasto inattuato – elaborato fin da qualche decennio prima specialmente dalla Conferenza episcopale italiana a cui sempre si è cercato di fare riferimento, è quello della “personalizzazione delle fede”. Il contesto di cristianità era saltato da tempo. Si doveva puntare a far diventare scelta libera e personale ogni itinerario di fede e di appartenenza ecclesiale. Questo ha ispirato il lavoro compiuto. E, contemporaneamente, la realtà nuove delle persone, delle famiglie, della stagione adulta della vita… Sia i ragazzi sia gli adulti manifestavano un volto nuovo di fronte alla prospettiva di credere e di credere insieme nella Chiesa. È stata una sana “inquietudine pastorale” a muovere tutto questo. Pian piano traspariva una nuova “passione evangelica” da far diventare annuncio liberante e responsabilizzante. Si cominciò con i ragazzi e il mondo di adulti che circolava attorno a loro: era una risorsa “antica” delle nostre parrocchie…

 

3) Negli anni in cui hai visto i primi passi di questo cammino, quali sono i germogli che hai visto spuntare? Quali le fatiche?

Parlo di un germoglio che penso sia quello da coltivare senza incertezze, come fosse una promessa che non può venire meno. Si tratta dei genitori, dunque persone adulte, che sono stati sollecitati e si sono lasciati coinvolgere, sia come accompagnatori sia come partecipanti al cammino loro proposto. Mi aveva suscitato tanta meraviglia l’impegno di formare gli accompagnatori e gli echi delle prime esperienze di accompagnamento dei genitori. Una via nuova percorribile dove il Vangelo stesso la apriva e si offriva come possibilità di essere frequentato e riscoperto. Certamente c’erano anche tante fatiche, sono quelle di sempre provocate dalla paura dello sviluppo che tutto ciò avrebbe comportato con gli investimenti di risorse umane da prevedere, dalle resistenze alle “sorprese dello Spirito”, dalla “bradicardia” di un certo ministero pastorale, dalla ripetitività liturgica e catechistica che sembrava più rassicurante…

 

4) In due parole, vuoi dirci un motivo per cui tu, se tornassi indietro, proporresti ancora questo cammino?

Proporrei ancora un ripensamento dell’IC, perché le persone – ragazzi, giovani, famiglie, adulti – cambiano e sono nuove rispetto ai parametri di conoscenza che la Chiesa tende a standardizzare e perché la “grazia” – come puro dono gratuito di Dio – abbisogna sempre di persone disposte a crescere e incontrarsi fraternamente nella libertà e nella responsabilità.

+ Renato Marangoni

Vescovo di Belluno-Feltre

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Per non dimenticare da dove siamo partiti e perché

Correva l’anno pastorale 2013-2014 quando la nostra Diocesi iniziava ufficialmente il rinnovato cammino di Iniziazione Cristiana dei Fanciulli e dei Ragazzi, che è andato pian piano sostituendo il tradizionale “catechismo”. Non è stato un fulmine a ciel sereno: per anni ne abbiamo parlato, ci abbiamo riflettuto e pregato su, ne abbiamo discusso negli organismi sinodali diocesani e nei vicariati. Alla fine abbiamo deciso insieme questa avventura… E così pian piano le nostre parrocchie hanno accolto l’invito e iniziato a camminare insieme su questa strada. Migliaia di catechisti hanno cambiato il loro modo di stare con i bambini e i ragazzi; migliaia di adulti si sono messi in gioco per “imparare” a camminare insieme con i genitori, come compagni di viaggio.
In quest’anno pastorale appena iniziato vorremmo dedicare l’articolo di approfondimento di “Speciale catechesi” a riprendere in mano il percorso; non entreremo nei dettagli, ma guarderemo insieme ai fondamentali: la gradualità del percorso, il ruolo della comunità, l’importanza di lavorare in equipe, il coinvolgimento dei genitori, il rapporto con la liturgia…
Perché tutto questo? Perché col passare del tempo può capitare che ci si dimentichi da dove siamo partiti; magari si è sfuocato il perché di certe scelte, non ci si ricorda più che cosa ci ha spinto a cambiare e per quali motivi lo abbiamo fatto in questo modo. C’è un po’ il rischio del popolo di Israele nel deserto, quando di fronte alla fatica del viaggio ha cominciato a dire: perché non torniamo in Egitto, dove avevamo pane, carne e cipolle in abbondanza? Oggi siamo un po’ in sofferenza, sentiamo la stanchezza e la fatica di questo cammino che stiamo percorrendo insieme. Prima di fare scelte avventate, come tornare indietro, vogliamo fermarci e fare memoria dell’inizio del nostro viaggio!

don Carlo Broccardo


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I Paesi dei Muri

Un gruppo di 12 Paesi dell’Ue ha chiesto a Bruxelles di rafforzare le misure alle frontiere contro i migranti finanziando la costruzione di “barriere fisiche” per proteggere i confini. A chiederlo sono Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia. Non solo dunque i Paesi di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca).
Hanno per ora ricevuto un secco diniego, ricordando che gli accordi comunitari (in questo caso l’accordo di Schengen sulla gestione delle frontiere) prevalgono sul diritto interno, che i fondi europei vanno utilizzati per attività che riguardano l’inclusione dei migranti, non l’espulsione o l’allontanamento alle frontiere.
Tutto ciò accade mentre si discute ancora del video, diffuso anche da Avvenire.it, che documenta i respingimenti violenti dai confini balcanici.

 

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Veglia diocesana di preghiera missionaria e di invio

Il vescovo Claudio domenica 16 maggio ha indetto il Sinodo Diocesano, un “santo viaggio”, come quello di Abramo, per metterci in ascolto dello Spirito che parla nella storia, in ogni essere umano, nella Chiesa. All’interno di questo viaggio ci inseriamo con il tema dell’Ottobre Missionario, Testimoni e Profeti:

«Nessuno è profeta esclusivo, non c’è una categoria di persone privilegiata chiamata alla profezia. La profezia è di tutti! Ciascuno di noi può essere profeta nella sua quotidianità, nella sua realtà di ogni giorno. Siamo tutti chiamati ad essere testimoni e profeti, accogliendo il regno di Dio che ci viene offerto, sapendolo riconoscere intorno a noi e dando il nostro contributo perché questo regno possa crescere e diventare nuova realtà, nuova speranza», dalle note di Missio Italia all’ottobre missionario 2021.

Sappiamo che la cooperazione fra chiese non è un lusso o un dovere ma l’espressione naturale di una fede che matura condividendo, che “si rafforza donando”, come ebbe a scrivere san Giovanni Paolo II. La missione rimette al centro il tema dell’annuncio e il primato della fede; ci aiuta a sollevare lo sguardo per non ripiegarci nel nostro piccolo; ci provoca all’ascolto aperto ed ospitale anche delle chiese più giovani; ci mette sotto gli occhi il dovere della fraternità e della giustizia per tutti.

Alcuni appuntamenti in questo ottobre ci aiutano in particolar modo a pregare per i missionari e per promuovere la solidarietà universale tra Chiese sorelle:

  • la Veglia Diocesana di Preghiera missionaria e di invio si svolgerà venerdì 22 ottobre alle ore 21 in Cattedrale. Abbiamo il dono di una giovane, Ilaria Scocco di Dolo, 28 anni, disponibile ad offrire tre anni come fidei donum in Etiopia. Ci saranno inoltre gli operatori di Medici con l’africa CUAMM, dell’operazione Mato Grosso e religiosi e religiose. Accoglieremo i rientrati: don Orazio Zecchin dopo 49 anni in Brasile; don Saverio Turato dall’Ecuador; don Attilio dalla Thailandia. Ed altri religiosi e religiose. La veglia sarà trasmessa anche in diretta streaming sul canale YouTube della Diocesi di Padova.
  • domenica 24 ottobre si celebra in tutte le parrocchie la Giornata Missionaria Mondiale in cui si riaccolgono le offerte in aiuto delle Chiese di missione, in particolare per quelle che si trovano in situazioni difficili e di maggiore necessità.

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Nobel Africano

Abdulrazak Gurnah è il nuovo Nobel per la letteratura. L’Accademia svedese ha scelto lo scrittore nato nell’isola di Zanzibar (Tanzania), nel 1948, e arrivato in Inghilterra come rifugiato alla fine degli anni Sessanta.
Nelle motivazioni per l’assegnazione del Nobel si sottolinea “la sua intransigente e compassionevole penetrazione degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato nel divario tra culture e continenti”.
Scrive l’Accademia svedese: “Gurnah ha pubblicato dieci romanzi e molte raccolte di racconti. In tutti i suoi lavori ricorre il tema dei rifugiati. Ha iniziato a scrivere a 21 anni mentre era in esilio in Inghilterra e nonostante il Swahili fosse la sua prima lingua, presto l’inglese è divento la sua scelta letteraria. La lingua letteraria della tradizione inglese da Shakespeare a V.S. Naipaul ha molto influenzato il suo lavoro. Un’opera nella quale lo scrittore sa però rompere la convenzione mettendo fine alla prospettiva coloniale valorizzando quella delle popolazioni indigene“.
Tra i suoi romanzi più noti Desertion (2005) tradotto in Italia l’anno dopo da Garzanti con il titolo Il disertore, una storia che narra l’incontro tra un inglese, studioso dell’oriente, e un africano che lo salva nel deserto. Il suo romanzo di esordio è Memory of Departure del 1987: ambientato in Africa, racconta un’insurrezione fallita. In Italia sono stati pubblicati da Garzanti tre suoi romanzi: oltre a Il disertore, Paradiso (2007) e Sulla riva del mare (2002). La casa editrice milanese sta ora pensando alla loro ristampa.
Da quando il Nobel per la letteratura è stato istituito nel 1901, Gurnah è il quinto autore africano a vincerlo, dopo Wole Soyinka (Nigeria, 1986), Naguib Mahfouz (Egitto, 1988), Nadine Gordimer (Sudafrica, 1991) e John Maxwell Coetzee (Sudafrica, 2003).

 

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Nomine 2021/12

  • Don Sergio Turato, parroco di Mestrino, diventa parroco anche di Arlesega, di cui era amministratore don Silvano Silvestrin. Don Adriano Bottaro è nominato collaboratore pastorale di Mestrino oltre che di Arlesega.
  • Don Gaudenzio Zambon, segretario generale e docente della Facoltà Teologica del Triveneto, è stato nominato collaboratore festivo di Ospedaletto Euganeo, Santa Croce di Ospedaletto e Tresto.
  • Don Andrea Albertin, docente presso la Facoltà teologica del Triveneto e assistente nazionale della Fuci, è stato nominato collaboratore festivo nelle parrocchie del Duomo di Este, Pilastro d’Este e Rivadolmo.
  • Padre Francesco Picaro, dei Legionari di Cristo, prende servizio a Busa di Vigonza come vicario parrocchiale in sostituzione di padre Mauricio Filho Daniel.
  • Riguardo ai Servi di Maria presenti a Padova, dopo la partenza di padre Jeganathan Maria Arputham e di Arockiasamy Maria Antonysamy, sarà vicario parrocchiale dei Servi padre Antony Raja Viyagulam, assieme a padre Cristiano Cavedon.
  • Padre Adriano Zorzi, dei Conventuali di Camposampiero, è stato nominato collaboratore della Cappellania ospedaliera di Camposampiero.
  • Il comboniano padre Luciano Benetazzo è stato nominato assistente spirituale dell’Istituto AltaVita – IRA, Centro servizi Beato Pellegrino e del pensionato Piaggi di Padova.

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Il vescovo Cipolla tra i firmatari dell’appello dei leader cattolici dei paesi del G20 per “consegnare i combustibili fossili alla storia”

Lunedì 11 ottobre: I leader cattolici dei paesi del G20 – in vista del vertice del G20 che si terrà a Roma il 30 e 31 ottobre – chiedono di «consegnare i combustibili fossili alla storia», mentre iniziano i negoziati chiave in vista del vertice sui cambiamenti climatici COP26 del mese prossimo a Glasgow.

I leader cattolici hanno rilasciato un appello urgente ai leader mondiali che si riuniscono al il vertice del G20 per porre fine all’uso dei combustibili fossili per sempre. L’appello fa seguito alla dichiarazione congiunta di Papa Francesco con i leader religiosi del 4 ottobre, che chiede un’azione urgente per proteggere la “nostra casa comune” e combattere la crisi climatica attraverso un cambiamento sistematico dei nostri comportamenti e un’azione radicale di transizione energetica.

Nella dichiarazione i leader cattolici (tra cui 7 vescovi italiani) hanno scritto: «Le voci delle comunità con cui lavoriamo risuonano. Il cambiamento climatico è una realtà presente che sta colpendo i nostri fratelli e sorelle in tutto il mondo, in particolare quelli delle comunità povere e vulnerabili al clima che meno hanno contribuito a questo problema». «Vediamo siccità e inondazioni sempre più gravi e frequenti, perdita di raccolti e distruzione di terreni. Non possiamo e non dobbiamo essere tranquilli di fronte a tale sofferenza e ingiustizia».

La scienza è chiara. Il mondo ha bisogno di mantenere i combustibili fossili nel terreno se vogliamo limitare il riscaldamento globale a un aumento della temperatura inferiore a 1,5 gradi entro la fine del 2030.

Albert Mashika di Caritas Africa, la rete cattolica del continente, ha «Accogliamo con favore l’appello dei leader cattolici dei paesi del G20 a porre fine al sostegno dei combustibili fossili da parte dei loro rispettivi paesi in modo da poter limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 C. Questo limite di 1,5 C è un’ancora di salvezza per milioni di persone in Africa, i cui mezzi di sussistenza e le cui famiglie sono già a rischio per gli effetti del cambiamento climatico. Tuttavia, in Africa, dove stiamo assistendo a un aumento della temperatura doppio rispetto all’attuale livello globale, attualmente intorno ai 2C, sappiamo che ogni frazione di grado conta». «Ecco perché la fine del sostegno ai combustibili fossili in patria e all’estero  deve arrivare presto. In tutta l’Africa stiamo già lottando per far fronte agli effetti del cambiamento climatico, insieme a questioni a lungo termine che già attanagliano il continente, come la povertà e a problemi aggravanti come la Covid-19».

I leader cattolici hanno chiesto ai loro governi di utilizzare gli incontri del G20 di ottobre per consegnare i combustibili fossili alla storia:

1.            Fermando qualsiasi nuovo sviluppo di carbone, petrolio e gas all’interno dei paesi.

2.            Porre immediatamente fine a tutti i finanziamenti dei combustibili fossili – compresi carbone, petrolio e gas – all’estero.

3.            Aumentare massicciamente gli investimenti in forme di energia pulita e sicura come l’energia eolica e solare, che hanno come priorità l’accesso all’energia per le comunità più povere.

4.            Mantenere le promesse di fornire finanziamenti per il clima per sostenere le comunità già colpite dagli impatti del cambiamento climatico.

L’arcivescovo emerito di Trento, Luigi Bressan sottolinea come nella dichiarazione si affermi che: «Il nostro dovere morale è indiscutibile. Le economie avanzate devono agire per prime per affrontare il cambiamento climatico e devono agire rapidamente per proteggere le generazioni attuali e future e la nostra casa comune. Dobbiamo affrontare la nostra responsabilità storica e agire con giustizia, in solidarietà con le nostre sorelle e fratelli, nei nostri paesi e in tutto il mondo. Dobbiamo agire ora».

La Chiesa è in prima linea nella crisi climatica in tutto il mondo, sostenendo le comunità che già soffrono per gli impatti devastanti del cambiamento climatico.

La Presidente di FOCSIV, Ivana Borsotto, ricorda come «Le nostre organizzazioni cristiane di volontariato internazionale sono impegnate giorno dopo giorno con le comunità del Sud nel difendere la terra e la dignità della vita, chiedendo che i principali responsabili delle emissioni di CO2 la smettano di estrarre, produrre e usare combustibili fossili. Consegnare i combustibili fosili alla storia è un’azione di giustizia climatica, e anche l’Italia nel G20 deve fare la sua parte».

I leader cattolici fanno eco agli appelli di Papa Francesco, che nel 2019 ha detto: «Gli investimenti nei combustibili fossili continuano ad aumentare, anche se gli scienziati ci dicono che i combustibili fossili dovrebbero rimanere sottoterra… Continuiamo su vecchie strade perché siamo intrappolati dalla nostra contabilità difettosa e dalla corruzione degli interessi costituiti. Consideriamo ancora come profitto ciò che minaccia la nostra stessa sopravvivenza»[1].

fonte: ufficio stampa Focsiv

Dichiarazione dei leader cattolici dei paesi del G20 – 11 ottobre 2021


[1] Il cambiamento climatico e le nuove prove della scienza, dell’ingegneria e della politica”, Incontro con i ministri delle finanze di varie nazioni, 27 maggio 2019, Roma.

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Coltivare un pianeta sostenibile

Appuntamento martedì 12 ottobre dalle 18.30 alle 20.30 nell’Auditorium dell’Istituto Barbarigo in via del Seminario, 5/a a Padova con la conferenza Coltivare un pianeta sostenibile.

Introduzione
Giorgio Santini, presidente AsVeSS

Cambiare rotta: tra Laudato si’ e Fratelli tutti
Simone Morandini, Fondazione Lanza

Come orientarsi nella transizione: il ruolo dell’educazione a uno sviluppo sostenibile e inclusivo
Laura Nota, Università di Padova, coordinatrice del Gruppo di lavoro “Inclusione e giustizia sociale” di Rus, Rete delle università per lo sviluppo sostenibile

Per un’Italia sostenibile: il ruolo dei territori
Pierluigi Stefanini, co-presidente e portavoce ASviS

Verso Taranto: il contributo delle diocesi del Nord Italia
Francesca Fiorese, direttore Pastorale sociale diocesi di Padova

Intervento di Sua Eccellenza Monsignor Claudio Cipolla, Vescovo di Padova

Coordinano: Matteo Mascia, Fondazione Lanza e AsVeSS e Luigi Gui, direttore Fisp.

A conclusione dell’incontro avverrà la consegna dei diplomi ai corsisti della Formazione all’impegno Sociale e Politico, diocesi di Padova.

 

Alla luce della normativa di sicurezza Covid-19 è necessario prenotarsi.
È inoltre, necessario essere muniti di green pass e mascherina.

Per informazioni:
Fondazione Lanza 049 8756788 – info@fondazionelanza.it
Ufficio di Pastorale Sociale 049 8722542 – pastoralesociale@diocesipadova.it

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