Don Egidio Munaron riposa tra le braccia del Padre

È mancato nel pomeriggio di martedì 15 febbraio don Egidio Munaron.

Nato a Rubano il 3 febbraio 1932 da Federico e Rosa Marcato, don Egidio viene ordinato presbitero il 14 luglio 1957.

Viene subito inviato come cooperatore a San Pietro di Barbozza e nell’autunno 1967 a Vigodarzere, come cooperatore per l’erigenda parrocchia di San Bonaventura. Subito dopo è il primo parroco di San Bonaventura, nuova parrocchia alle porte di Padova (Castagnara).

Nell’autunno 1983 diventa parroco di Santa Teresa di Gesù Bambino in Padova e dal 1991 fino al 1996 è vicario foraneo del vicariato del Bassanello. Nel settembre 2008 rinuncia alla parrocchia a motivo dell’età, viene nominato animatore spirituale diocesano del Movimento dei Cursillos di cristianità in Italia e torna come ospite e collaboratore a San Bonaventura fino a che la salute lo permette. Nel 2019 prende dimora all’Opera della Provvidenza di Sarmeola, dove la morte lo raggiunge nel pomeriggio di martedì 15 febbraio.

Notizia in aggiornamento

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Appello per la pace in Ucraina

Quanto sta accadendo al confine tra Ucraina e Russia preoccupa il mondo intero. Il rischio concreto di una guerra – o anche solo l’ipotesi che si possa scatenare un conflitto – turba gli animi, scuote le coscienze, aggiunge preoccupazioni alle tante che l’umanità sta già vivendo per la pandemia e per le altre “pandemie” che attraversano il pianeta: povertà, malattie, mancanza di istruzione, conflitti locali e regionali… È responsabilità di tutti, a cominciare dalle sedi politiche nazionali e internazionali, non solo scongiurare il ricorso alle armi, ma anche evitare ogni discorso di odio, ogni riferimento alla violenza, ogni forma di nazionalismo che porti al conflitto.
Non c’è più posto per le armi nella storia dell’umanità! È la convinzione che ci muove alla vigilia dell’Incontro dei Vescovi e dei Sindaci del Mediterraneo che si terrà a Firenze dal 23 al 27 febbraio.
I popoli sono chiamati a convivere in pace. La cooperazione e il dialogo, accompagnati dalla diplomazia, siano regola e stile delle relazioni internazionali. E nel giorno in cui ricordiamo i santi Cirillo e Metodio, compatroni d’Europa, facciamo appello alle comuni radici nella fede cristiana, che è messaggio di pace, affinché nel Vecchio Continente ci sia sempre convivenza rispettosa, collaborazione sul piano economico, rispetto e dialogo duraturi.
La pace è un bene prezioso al quale l’umanità non può e non deve mai rinunciare. Invochiamo il Signore nostro Gesù Cristo, principe della pace, e la Vergine Santissima, particolarmente venerata in Ucraina nella Basilica della Madre di Dio di Zarvanytsia, perché sia risparmiato un terribile flagello. Invitiamo tutte le Chiese d’Italia ad unirsi a questa intenzione di preghiera.
La Presidenza Cei 

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On the road – Vademecum per una pastorale senza barriere

Una pastorale senza barriere è possibile, ne è convinta la Pastorale dei giovani della Diocesi di Padova che, raccogliendo la disponibilità di alcuni giovani sui temi dell’inclusione e dei progetti di accessibilità ha avviato un’équipe per studiare iniziative per introdurre ed affrontare il tema della disabilità all’interno delle varie proposte diocesane. Un percorso che si affianca e si integra con quanto sta facendo da alcuni anni l’Ufficio per l’Annuncio e la Catechesi, in particolare sui temi della catechesi per i ragazzi con disabilità.

Questo percorso sostenuto dal vescovo Claudio affinché sia «un segno a livello diocesano di un’attenzione, di una cura e di un’apertura, che si dovrebbe estendere a cascata in tutte le nostre comunità», sfocia ora nella presentazione di un piccolo sussidio – On the road, VADEMECUM per una pastorale senza barriere – per offrire alcuni agili spunti pratici per la vita e le attività pastorali. Si va dalle attenzioni alle parole e al linguaggio (evitare per esempio i termini handicappato o diversamente abile e utilizzare invece “persona con disabilità”, accentuando e prediligendo la “persona”), per affrontare poi le modalità relazionali, la comunicazione accessibile, la logistica e le attenzioni da mettere in atto nelle attività, la figura dell’”educatore inclusivo”… Alcuni spunti e punti di partenza.

Il VADEMECUM sarà presentato sabato 19 febbraio 2022, con un incontro in programma dalle 9.30 alle 12, che si terrà in presenza nel teatro dell’Istituto Barbarigo di Padova e on line con una diretta You Tube sul canale della Diocesi di Padova, accessibile anche in LIS.

Durante la presentazione che vedrà la partecipazione e i saluti del vescovo di Padova mons. Claudio Cipolla, sarà poi data parola all’équipe di Pastorale senza barriere nata in seno alla Pastorale dei giovani, che ha curato il fascicolo. Ci sarà l’introduzione di don Paolo Zaramella, direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale dei giovani, seguito da Ketty Girardi, assistente alla comunicazione Lis e specializzanda sul sostegno per la scuola secondaria di primo grado e Anna Laura Gastaldi, studentessa ipovedente di lingue all’università di Verona, appassionata di viaggi e comunicazione sui social.

Alla presentazione del Vademecum seguirà la relazione di suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale delle persone con disabilità della CEI.

Per partecipare all’incontro in presenza è necessario iscriversi attraverso il form che si trova all’indirizzo: https://www.giovanipadova.it/senzabarriere/

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Tratta degli esseri umani

Nel racconto del Buon Samaritano del Vangelo di Luca, il viandante che scendeva da Gerusalemme a Gerico rappresenta, per noi oggi, l’umanità. È la nostra umanità di uomini e donne che subiscono fame, povertà, oppressioni, guerre, violazioni dei diritti umani, umiliazioni, schiavitù, tratta di persone.
Quella delle vittime della tratta è un’umanità ferita. Ferita è anche l’umanità dei loro aguzzini. Ferita è l’umanità di ciascuno di noi, non indifferenti dinanzi ai soprusi e alla violenza.

Le vittime sono donne, uomini, bambini, violentati nella loro umanità e nei loro diritti inviolabili, attraverso lo sfruttamento della prostituzione, il lavoro forzato, la schiavitù, l’asservimento, il prelievo di organi, l’accattonaggio, la servitù domestica, la vendita di spose bambine, ed altre forme che ledono la loro dignità.
Le vittime sottoposte alla tratta sono coartate con la forza, la minaccia, il rapimento, la frode, l’inganno. Si trovano in una posizione di vulnerabilità, e oggetto di abuso di potere.
È un’umanità calpestata, ferita, lungo la strada della vita.

Gli aguzzini, i trafficanti di carne umana, esercitano poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà, ed agiscono con il fine di sfruttare le persone contro la loro volontà.
I trafficanti considerano gli esseri umani come merci da vendere, acquistare e assoggettare. Negano alle loro vittime il bene giuridico primario che è la libertà.
Riducono la vittima nella condizione di schiavitù o di servitù. Esercitano una sorta di “diritto di signoria”, lo ius dominicale, riducendo la soggettività in oggettività, la persona in cosa.
L’umanità ferita è il frutto della loro umanità ferita.
Si credono “signori” degli altri.
Ma solo il Signore nostro Dio è il Signore della vita!

Infine ci siamo noi, qui perché vogliamo che la situazione cambi, consapevoli che la dignità calpestata calpesta la nostra stessa dignità.
Siamo qui perché proviamo vergogna, la vergogna del giusto davanti alla colpa commessa da altri. Siamo sdegnati che la tratta degli esseri umani sia stata introdotta nel mondo delle cose che esistono.
Sdegnati, oranti, responsabili, pronti per quell’etica della responsabilità, che ci spinge ad agire per rendere migliore il nostro mondo.

La figura del Buon Samaritano è centrale nell’enciclica «Fratelli Tutti» di Papa Francesco. Troviamo scritto: «Questa parabola è un’icona illuminante, capace di mettere in evidenza l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il Buon Samaritano».

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Nuove indicazioni a proposito degli Atti di straordinaria amministrazione

Come già annunciato ai parroci e ai membri dei CPGE, sono state riviste e aggiornate le indicazioni a proposito degli Atti di straordinaria amministrazione per le persone giuridiche soggette al Vescovo diocesano, in sostituzione di quelle emanate nel 2002 e in vigore dal giorno 1 febbraio 2022. 

A questo Decreto si affianca anche il testo del Vescovo Claudio, Gestire con esemplarità. Principi e linee operative per la gestione dei beni ecclesiastici nella diocesi di Padova, che mette a frutto le informazioni, le competenze e la sensibilità che nel tempo sono venute a delinearsi nei riguardi della materia specifica.

Decreto di determinazione degli atti di straordinaria amministrazione per le persone giuridiche soggette al Vescovo diocesano
ISTRUZIONE Gestire con esemplarità. Principi e linee operative per la gestione dei beni ecclesiastici nella Diocesi di Padova
Richiesta di autorizzazione
Richiesta di autorizzazione per l’accesso al credito bancario

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XXX Giornata mondiale del malato 2022

Venerdì 11 febbraio, memoria della Madonna di Lourdes, la Chiesa celebra anche la XXX Giornata mondiale del malato, che ha come riferimento biblico il versetto del vangelo di Luca: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36).

Quest’anno la celebrazione “diocesana” si terrà nella basilica santuario di Santa Maria del Carmine a Padova. Alle ore 15.30 il vescovo Claudio presiederà la santa messa in cui saranno affidate al Signore, per intercessione della Madonna di Lourdes, tutte le persone che soffrono nel corpo e nello spirito.
La santa messa sarà trasmessa in diretta tv sul canale 117 del digitale terrestre (Telenuovo Padova) e sul canale You Tube della Diocesi di Padova.

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Don Raffaele Gobbi è il nuovo rettore del Seminario diocesano

Il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, ha nominato il nuovo rettore del Seminario diocesano, a seguito della chiamata episcopale di mons. Giampaolo Dianin, divenuto vescovo di Chioggia.

La nomina del nuovo rettore porta in sé una novità sostanziale, ci tiene a precisare il vescovo Cipolla prima di annunciare il nome: «Non si tratta solo di aver scelto un nuovo rettore, una persona, ma di avviare in questa fase che sta vivendo la Chiesa di Padova, un vero e proprio progetto che vuole perseguire due obiettivi. Da un lato recuperare l’unitarietà dei percorsi pastorali e del percorso stesso della Chiesa diocesana e dall’altro avere la consapevolezza che la vita del Seminario non è a sé stante, ma s’inserisce all’interno della vita di una “comunità credente”, che è il luogo in cui possono anche fiorire e nascere vocazioni particolari ai vari servizi e ministeri».

Da qui la necessità di pensare un lavoro sempre più sinergico e di comunione tra alcuni ambiti pastorali – pastorale delle vocazioni, pastorale dei giovani – e alcuni contesti – Seminario diocesano e Casa Sant’Andrea – senza dimenticare anche la dimensione del diaconato permanente e quella della pastorale della famiglia, ripensandoli tutti in un cammino condiviso.

La nomina del nuovo rettore del Seminario diocesano s’inserisce dunque in questa cornice nuova che vedrà anche alcune variazioni che prenderanno evidenza con l’inizio del prossimo anno pastorale, ma le cui basi s’iniziano già a gettare ora.

Il nuovo rettore di fatto sarà una sorta di punto di riferimento, di coordinamento quindi, per un più ampio progetto di Pastorale vocazionale che tiene insieme varie anime ma un unico obiettivo: educare alla fede e aiutare i cristiani a interrogarsi e cogliere ciascuno la propria vocazione.

A questo compito di tessitura è stato chiamato don Raffaele Gobbi, 52 anni il prossimo 28 luglio, originario di Liettoli di Campolongo Maggiore (Ve). Don Raffaele attualmente è direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale della Missione (dal 2018) e delegato per il diaconato permanente (dal 2017), compito quest’ultimo che manterrà anche da rettore del seminario.

Ordinato prete il 4 giugno 1995, in questi 26 anni di ministero è stato vicario parrocchiale a San Giuseppe, assistente diocesano del settore giovani di Azione cattolica, coordinatore della pastorale giovanile, parroco di Tencarola per otto anni (2010-2018), oltre ad aver conseguito il dottorato in missiologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. Dal 2018 è moderatore del Consiglio presbiterale e dallo scorso anno membro della Commissione preparatoria del Sinodo diocesano.

«A fine gennaio 2022, rientrato da poco da una visita ai missionari in Brasile, ho detto il mio sì al vescovo Claudio per il servizio di rettore del seminario vescovile» commenta don Raffaele Gobbi e aggiunge: «Ho accolto con fiducia e trepidazione la richiesta del vescovo Claudio perché non indica solamente un nome e una persona per il servizio di rettore ma offre una visione interessante in cui pastorale giovanile, pastorale vocazionale, Casa Sant’Andrea e seminario vescovile sono chiamati a una collaborazione più forte e visibile. Chi è infatti un giovane se non una persona aperta e protesa con speranza a un futuro a cui dare forma concreta, accogliendo il dono e la sfida della fede? Raccolgo il testimone del bel lavoro pastorale di tanti che per i giovani, le vocazioni e i seminari hanno dato molto. Confido nel cammino che come Chiesa stiamo vivendo, con il Sinodo e molto altro ancora. Questa epoca di cambiamenti accelerati ci ricorda che la fedeltà al vangelo va intessuta di fedeltà creativa e coraggiosa alle persone di adesso, a questo nostro oggi che Dio non cessa di accompagnare con il suo Spirito».

In questo progetto s’intrecciano altre novità che prendono i passi ora e si concretizzeranno con il nuovo anno pastorale. Casa Sant’Andrea, luogo di discernimento vocazionale per molti giovani e adulti che sentono la chiamata al sacerdozio, lascia la sede del Seminario Minore di Rubano, di cui è in corso una trattativa di vendita, e si sposta all’interno di una comunità parrocchiale, più precisamente negli ambienti della parrocchia della Sacra Famiglia a Padova. Qui andranno a vivere insieme ai giovani in discernimento, il nuovo responsabile di Casa Sant’Andrea e della Pastorale delle vocazioni – don Mattia Francescon, attuale segretario personale del vescovo Claudio, che prenderà il testimone a fine anno pastorale da don Silvano Trincanato (a cui rimarrà la guida della Pastorale della Famiglia) – e don Paolo Zaramella, direttore dell’Ufficio di Pastorale dei giovani.

Tra seminario diocesano, pastorale vocazionale, pastorale giovanile s’instaurerà quindi una progettualità condivisa: si lavorerà insieme per aiutare i giovani a diventare adulti nella fede e a trovare la propria vocazione nella vita.

Padova, 8 febbraio 2022

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San Valentino in diocesi…

MAPPA SAN VALENTINO

Tra i santi registrati al 14 febbraio nel Martitologio Romano ci sono due Valentino. I due protagonisti hanno alcuni aspetti in comune, tanto che si pensa fossero la stessa persona: tuttavia, non ci sono prove storiche fondate, dunque i Valentino potrebbero essere due, come uno.

Il primo Valentino sarebbe nato a Terni nel 176 e ucciso nel 268 dall’imperatore Claudio il Gotico (213/214-270) dopo aver compiuto un miracolo. L’imperatore l’avrebbe affidato al suo collaboratore Asterio il quale aveva una figlia cieca dall’età di due anni. Valentino le restituì la vista. Grazie al miracolo, tutta la famiglia della ragazza si convertì immediatamente al cristianesimo, e per questo motivo l’imperatore lo fece decapitare. Valentino sarebbe stato sepolto vicino alla via Flaminia, proprio dove venne martirizzato il 14 febbraio.

Il secondo Valentino era vescovo di Terni, e sarebbe stato martirizzato sotto l’imperatore Aureliano, nel 273. Valentino era un celebre taumaturgo e fu invitato proprio per questo a Roma dal filosofo Cratone, per guarire il proprio figlio, afflitto da gravi problemi alla schiena e una gobba molto pronunciata. Valentino guarì il figlio e tutta la famiglia si convertì al cristianesimo. Venne però imprigionato per quest’atto miracoloso e condannato alla decapitazione. Un’altra tradizione narra che sarebbe stato ucciso, invece, per aver celebrato le nozze fra la cristiana Serapia e Sabino, un legionario romano. Sempre di lui si narra che ospitasse in un bellissimo giardino della propria casa i bambini e che anche dal carcere inviasse loro la chiave perché potessero continuare ad entrarvi e giocare tra le sue piante e i suoi fiori: da qui la tradizione di benedire i bambini e delle piccole chiavi da donare loro come segno tangibile della protezione del santo. Dopo il martirio, il suo corpo venne trasportato da alcuni fedeli a Terni. La tradizione racconta che nel corso dei secoli le reliquie furono divise e donate a varie chiese. Ne rimangono comunque a Terni, dove sarebbero ancora conservati parte del cranio, il busto e dei denti.

I due santi sarebbero dunque stati seppelliti entrambi lungo la via Flaminia. Oltre a questo, non ci sono documenti o prove fondate che ne confermino l’identità separata, tanto che oggi si tende a considerarli un’unica persona. In ogni caso, san Valentino è riconosciuto e celebrato come il patrono degli innamorati e dell’amore, a partire dal Medioevo. Si pensava infatti che proprio a metà febbraio, il 14, avesse inizio la primavera e gli uccelli iniziassero ad accoppiarsi, dunque era una buona giornata per celebrare anche l’amore umano e Valentino stesso venne in breve tempo riconosciuto come il santo che annunciava la primavera. La festività era celebrata soprattutto in Italia, diffondendosi fino all’Inghilterra, alla Francia e alla Germania, grazie all’azione divulgatrice dei monaci benedettini. Oltre che dagli innamorati San Valentino è pregato dagli epilettici e anche da chi soffre di malattie al ventre. Il motivo è probabilmente legato, oltre ai fatti prodigiosi sopra ricordati, anche al significato letterale del suo nome: “che sta bene, sano, forte, robusto”.

Nella Diocesi di Padova sono tanti gli oratori che portano il nome di San Valentino ed ecco la proposta di una mappa che permetta di mettersi sulle tracce di antiche devozioni e di invocare la sua intercessione.

VAI ALLA MAPPA

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MESSAGGIO PER LA 44ª GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA

CUSTODIRE OGNI VITA
“Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden,
perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gen 2,15).

Al di là di ogni illusione di onnipotenza e autosufficienza, la pandemia ha messo in luce numerose fragilità a livello personale, comunitario e sociale. Non si è trattato quasi mai di fenomeni nuovi; ne emerge però con rinnovata consapevolezza l’evidenza che la vita ha bisogno di essere custodita. Abbiamo capito che nessuno può bastare a sé stesso: “La lezione della recente pandemia, se vogliamo essere onesti, è la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme” (Papa Francesco, Omelia, 20 ottobre 2020). Ciascuno ha bisogno che qualcun altro si prenda cura di lui, che custodisca la sua vita dal male, dal bisogno, dalla solitudine, dalla disperazione.

Questo è vero per tutti, ma riguarda in maniera particolare le categorie più deboli, che nella pandemia hanno sofferto di più e che porteranno più a lungo di altre il peso delle conseguenze che tale fenomeno sta comportando.

Il nostro pensiero va innanzitutto alle nuove generazioni e agli anziani. Le prime, pur risultando tra quelle meno colpite dal virus, hanno subito importanti contraccolpi psicologici, con l’aumento esponenziale di diversi disturbi della crescita; molti adolescenti e giovani, inoltre, non riescono tuttora a guardare con fiducia al proprio futuro. Anche le giovani famiglie hanno avuto ripercussioni negative dalla crisi pandemica, come dimostra l’ulteriore picco della denatalità raggiunto nel 2020-2021, segno evidente di crescente incertezza. Tra le persone anziane, vittime in gran numero del Covid-19, non poche si trovano ancora oggi in una condizione di solitudine e paura, faticando a ritrovare motivazioni ed energie per uscire di casa e ristabilire relazioni aperte con gli altri. Quelle poi che vivono una situazione di infermità subiscono un isolamento anche maggiore, nel quale diventa più difficile affrontare con serenità la vecchiaia. Nelle strutture residenziali le precauzioni adottate per preservare gli ospiti dal contagio hanno comportato notevoli limitazioni alle relazioni, che solo ora si vanno progressivamente ripristinando.

Anche le fragilità sociali sono state acuite, con l’aumento delle famiglie – specialmente giovani e numerose – in situazione di povertà assoluta, della disoccupazione e del precariato, della conflittualità domestica. Il Rapporto 2021 di Caritas italiana ha rilevato quasi mezzo milione di nuovi poveri, tra cui emergono donne e giovani, e la presenza di inedite forme di disagio, non tutte legate a fattori economici.

Se poi il nostro sguardo si allarga, non possiamo fare a meno di notare che, come sempre accade, le conseguenze della pandemia sono ancora più gravi nei popoli poveri, ancora assai lontani dal livello di profilassi raggiunto nei Paesi ricchi grazie alla vaccinazione di massa.

Dinanzi a tale situazione, Papa Francesco ci ha offerto San Giuseppe come modello di coloro che si impegnano nel custodire la vita: “Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà” (Patris Corde). Nelle diverse circostanze della sua vicenda familiare, egli costantemente e in molti modi si prende cura delle persone che ha intorno, in obbedienza al volere di Dio. Pur rimanendo nell’ombra, svolge un’azione decisiva nella storia della salvezza, tanto da essere invocato come custode e patrono della Chiesa.

Sin dai primi giorni della pandemia moltissime persone si sono impegnate a custodire ogni vita, sia nell’esercizio della professione, sia nelle diverse espressioni del volontariato, sia nelle forme semplici del vicinato solidale. Alcuni hanno pagato un prezzo molto alto per la loro generosa dedizione. A tutti va la nostra gratitudine e il nostro incoraggiamento: sono loro la parte migliore della Chiesa e del Paese; a loro è legata la speranza di una ripartenza che ci renda davvero migliori.

Non sono mancate, tuttavia, manifestazioni di egoismo, indifferenza e irresponsabilità, caratterizzate spesso da una malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti. Molto spesso si è trattato di persone comprensibilmente impaurite e confuse, anch’esse in fondo vittime della pandemia; in altri casi, però, tali comportamenti e discorsi hanno espresso una visione della persona umana e dei rapporti sociali assai lontana dal Vangelo e dallo spirito della Costituzione. Anche la riaffermazione del “diritto all’aborto” e la prospettiva di un referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente vanno nella medesima direzione. “Senza voler entrare nelle importanti questioni giuridiche implicate, è necessario ribadire che non vi è espressione di compassione nell’aiutare a morire, ma il prevalere di una concezione antropologica e nichilista in cui non trovano più spazio né la speranza né le relazioni interpersonali. […] Chi soffre va accompagnato e aiutato a ritrovare ragioni di vita; occorre chiedere l’applicazione della legge sulle cure palliative e la terapia del dolore” (Card. G. Bassetti, Introduzione ai lavori del Consiglio Episcopale Permanente, 27 settembre 2021). Il vero diritto da rivendicare è quello che ogni vita, terminale o nascente, sia adeguatamente custodita. Mettere termine a un’esistenza non è mai una vittoria, né della libertà, né dell’umanità, né della democrazia: è quasi sempre il tragico esito di persone lasciate sole con i loro problemi e la loro disperazione.

La risposta che ogni vita fragile silenziosamente sollecita è quella della custodia. Come comunità cristiana facciamo continuamente l’esperienza che quando una persona è accolta, accompagnata, sostenuta, incoraggiata, ogni problema può essere superato o comunque fronteggiato con coraggio e speranza.

“Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene” (Papa Francesco, Omelia, 19 marzo 2013).

Le persone, le famiglie, le comunità e le istituzioni non si sottraggano a questo compito, imboccando ipocrite scorciatoie, ma si impegnino sempre più seriamente a custodire ogni vita. Potremo così affermare che la lezione della pandemia non sarà andata sprecata.


Roma, 28 settembre 2021
IL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA


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Indicazioni in tempo di pandemia per lo svolgimento delle attività pastorali – aggiornamento

Di seguito le indicazioni aggiornate rispetto al testo del 15 ottobre 2021. Gli aggiornamenti sono in colore azzurro.


Con riferimento alla Nota della Presidenza della CEI del 29 luglio 2021, alle Note della Segreteria Generale della CEI (Certificazione verde e attività di culto e religione, 01.10.2021 e Suggerimenti su alcune misure per fronteggiare l’emergenza Covid, 10.01.2022), che recepiscono l’ultima normativa statale, vengono qui di seguito date alcune indicazioni per le attività pastorali.

Precisazioni terminologiche

  • Green Pass base: si intende la Certificazione verde COVID-19 per vaccinazione, guarigione (da non oltre 6 mesi), test antigenico rapido (da non oltre 48 ore) o molecolare (da non oltre 72 ore) con risultato negativo.
  • Green Pass rafforzato: si intende la Certificazione verde COVID-19 per vaccinazione o guarigione (con le scadenze già dettagliate). Il Green Pass rafforzato non include, quindi, l’effettuazione di un test antigenico rapido o molecolare.
  • I soggetti esenti dalla vaccinazione per motivi di salute devono documentare la situazione sulla base di idonea certificazione medica.

Sono tenuti ad avere il Green Pass base negli ambienti parrocchiali tutti coloro che offrono un servizio celebrativo, educativo e sociale. La certificazione verde è quindi richiesta per:

  • i presbiteri e i diaconi;
  • eventuali dipendenti della parrocchia;[1]
  • gli operatori pastorali («volontari»), quali sono: ministri straordinari della comunione, catechisti e accompagnatori dei genitori, educatori, animatori dei gruppi formativi (per ragazzi e adolescenti, giovani e adulti, fidanzati e sposi), lettori, coristi e musicisti, sacristi, addetti all’accoglienza e alle pulizie, operatori della Caritas o di altri gruppi caritativi.

  

Sono tenuti ad avere il Green Pass rafforzato negli ambienti parrocchiali tutti coloro che offrono un servizio celebrativo, educativo e sociale e abbiano superato i 50 anni di età

  • Considerato che il decreto legge n. 1 del 7 gennaio 2022 introduce l’obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno compiuto i 50 anni di età e che a far data dal 15 febbraio p.v. sarà necessario il Green Pass rafforzato per l’accesso ai luoghi di lavoro e per diverse attività, tutte le categorie di persone citate al titolo precedente, e il cui servizio sia a diretto contatto con i fedeli, sono tenuti ad astenersi dal loro servizio se sprovvisti, a partire dal 15 febbraio prossimo, di Green Pass rafforzato.

 

È necessario, inoltre, il Green Pass rafforzato per tutti coloro che

 

  • prestano servizio nei bar parrocchiali[2], oppure somministrano il cibo o partecipano a pranzi parrocchiali;
  • partecipano a sagre e feste parrocchiali, sia che si svolgano all’aperto che al chiuso;
  • partecipano ai concerti nelle chiese, come anche a eventi di interesse pubblico ospitati nelle chiese.[3] La responsabilità di controllare che tutti abbiano il Green Pass grava sull’organizzatore dell’attività.
  • Prendono parte a proiezioni e spettacoli teatrali all’aperto e al chiuso; visitano o accedono ai Musei, agli Archivi, alle biblioteche e ai luoghi della cultura. La responsabilità di controllare che tutti abbiano il Green Pass grava sull’organizzatore dell’attività.
  • Prendono parte a iniziative proposte dagli Uffici di Curia e dagli Organismi diocesani, le quali si rivolgono ad un pubblico eterogeneo e dalla diversa provenienza.

 

Il Green Pass non è necessario per coloro che beneficiano dei servizi educativi e sociali della parrocchia

 

  • Il riferimento è ai gruppi di formazione (per ragazzi e adolescenti, giovani e adulti, genitori, fidanzati e sposi) e agli utenti dei servizi di carità. Si compili in ogni caso un modulo per il tracciamento dei partecipanti.
  • Le riunioni a carattere pastorale (Consiglio Pastorale Parrocchiale, Consiglio Parrocchiale per la Gestione Economica) non necessitano della certificazione verde in quanto assimilabili a riunioni private. Si compili in ogni caso un modulo per il tracciamento dei partecipanti.

 

Il Green Pass non è, inoltre, necessario per accedere alle celebrazioni

 

  • Sono esentate dalla certificazione verde le celebrazioni eucaristiche, i sacramenti, le esequie, la preghiera del rosario, le veglie, che si tengono in chiesa o in spazi diversi (ad esempio, un salone, il cortile esterno del Centro parrocchiale, una piazza).
  • A riguardo, restano in vigore tutte le precauzioni prescritte dalla normativa (relative al distanziamento, all’assembramento, alle mascherine, alla igienizzazione e alla pulizia dei luoghi), così come le attenzioni celebrative in vigore dal maggio 2020.

 

Alcune precisazioni

 

  • La visita e la comunione agli ammalati è consentita al ministro ordinario e straordinario, fatte salve tutte le precauzioni prescritte dalla normativa e solo col consenso esplicito della famiglia. Per portare la comunione agli ammalati i parroci, valutandone l’opportunità, possono affidare questo compito a un parente fidato e conosciuto, che viva assieme al malato.
  • Per quanto riguarda le scuole dell’infanzia e le scuole paritarie di altro grado ci si attenga a quanto prescritto dalle autorità scolastiche e indicato dalle Federazioni di riferimento (FISM e FIDAE).
  • Non è vietato concedere saltuariamente spazi parrocchiali a terzi per riunioni di associazioni, di condominio o feste private, ma andranno precisate per iscritto le condizioni alle quali i locali vengono concessi in uso e, non trattandosi di attività pastorali, si richiede che i partecipanti dispongano di Green Pass rafforzato. È responsabilità dei soli organizzatori (non del parroco o legale rappresentante) rispettare e far rispettare tutte le misure di sicurezza previste dalla normativa.

Le indicazioni presenti sono suscettibili di variazioni a seconda della situazione sanitaria che si andrà creando e delle conseguenti indicazioni statali.


[1] È necessario verificare che siano in possesso del Green Pass valido tutti i lavoratori e tutti i volontari e stagisti che accedono e operano in un luogo di lavoro (attività lavorativa subordinata, autonoma, di formazione, gratuita, compresi prestatori occasionali e domestici). Per “luogo di lavoro” si intende qualsiasi luogo in cui la prestazione viene svolta: ragionevolmente si deve però trattare di un luogo in cui il lavoratore possa entrare in contatto con altri soggetti che, ugualmente, stanno svolgendo o svolgeranno un’attività di lavoro e, per tale motivo, sono anch’essi obbligati a possedere e mostrare la certificazione verde. Sono luoghi di lavoro, ad esempio, la Scuola dell’Infanzia, la chiesa dove lavora un sacrestano assunto con contratto di lavoro, la canonica dove lavora una colf regolarmente assunta: in questi casi, quanti operano nell’ambiente lavorativo, anche a titolo volontario, dovranno essere muniti di Green Pass. Il Centro parrocchiale non è luogo di lavoro a meno che non ci siano una o più persone assunte che vi lavorano per le pulizie.
La verifica del Green Pass per chi opera in un luogo di lavoro deve essere fatta dal datore di lavoro e/o da un suo delegato, mediante apposita app Verifica C19, ogni volta che il lavoratore e/o il volontario entra nel luogo di lavoro. La verifica può essere fatta anche ad eventuali artigiani (idraulico, elettricista, ecc.).
[2] Riguardo alle modalità del servizio del bar parrocchiale ci si attenga a quanto indicato dal Noi Padova.
[3] Tenendo conto di una precisazione del Ministero dell’Interno a proposito delle distinzioni tra riunioni private e attività convegnistiche (Circolare del 20.10.2020), si fa presente che un incontro in una chiesa non può essere qualificato come “riunione privata” per il solo fatto che si svolge in un luogo sacro. È pertanto necessario che siano muniti di certificazione verde tutti i partecipanti a incontri o eventi che, per il fatto di essere aperti al pubblico e pubblicizzati (ad esempio, incontro con un esperto, una particolare testimonianza, la presentazione di un libro), sono assimilabili a dei convegni.

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