08_#iorestoacasaepenso_don Gianandrea Di Donna

Pie pellicane, Iesu Domine, me immundum munda tuo sanguine.

Cuius una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere.

 

O pio pellicano Signore Gesù, purifica me, peccatore, col tuo sangue,

che, con una sola goccia, può rendere salvo tutto il mondo da ogni peccato. 

 

«Una stilla…».

Una sola goccia del tuo Sangue, può rendere salvo il mondo da ogni peccato. Con questo intimo senso di fede, san Tommaso d’Aquino – su invito di papa Urbano IV che nel 1264, dopo il miracolo eucaristico di Bolsena, gli aveva commissionato di comporre i testi liturgici del Corpus Domini – scrisse il noto Adoro te devote, inno di rara bellezza e profondissima poesia.

Sumit unus, sumunt mille:

quantum isti, tantum ille:

nec sumptus consumitur.

Lo [il Pane vivo] riceve uno, lo ricevono mille:

quanto [ricevono] questi, tanto [riceve] quello;

né ricevuto si consuma.

 

«Nec sumptus consumitur…».

Quel Pane celeste anche se ricevuto non si consuma. è sempre il divus Tommaso che nel Lauda Sion Salvatorem – altro celebre inno scritto per il Corpus Domini, di cui è famosa la magnifica conclusione Ecce Panis angelorum – ci spinge a considerare l’inesauribile immensità di quanto riceviamo nell’Eucaristia.

Credere che una sola goccia del Sangue di Cristo possa salvare il mondo da ogni peccato, credere che il Pane vivo del Corpo di Cristo, pur diviso e ricevuto, non si consumi, ci aiuta a considerare e a credere quale insondabile mistero di grazia sia l’Eucaristia e il fatto di potervi comunicare. I versi ispirati di Tommaso d’Aquino – che secondo gli antichi biografi era solito accostare il suo capo al tabernacolo, pregando e scongiurando con molte lacrime, quasi per sentir palpitare il cuore divino e umano di Gesùci suggeriscono di pensare a tutte le volte in cui, come presbiteri e come laici, abbiamo celebrato questo ineffabile mistero e ci siamo accostati a questo santo sacramento: misteriosamente ma realmente una goccia, un frammento di quell’Eucaristia salva il mondo intero e, ricevuta, mai si consuma!

Soffriamo noi preti di non poter celebrare con il Popolo santo di Dio, pur continuando a celebrare ogni giorno dentro l’invisibile mistero della Chiesa e a favore di tutta la Chiesa.

Soffrono i laici di non potersi accostare al Pane di vita e al Calice della salvezza.

Ma è necessario credere che quel dono, già ricevuto nella nostra vita, non si esaurisce, non si dissolve ma sempre abita in noi. Certo! Tornare all’Eucaristia ci rinnova, e rende sempre più efficace e fruttuosa in noi la grazia, ma – da cattolici dobbiamo dirlo – il sacrificio glorioso di Cristo immolato, sepolto e risuscitato è avvenuto una volta per tutte (cfr. Eb 7,27) con la sua Pasqua: celebrando la santa messa quel sacrificio glorioso non si ripete ma ci porta in esso: solo questa certezza di fede darà – in questi giorni difficili – a noi presbiteri la certezza di celebrare misticamente uniti al Corpo mistico della Chiesa e ai laici di sopportare questo patimento spirituale con fede, umiltà e pazienza, misticamente uniti al mistico Corpo di Cristo.

La Chiesa – gli anziani lo ricordano bene! – in altre epoche non dava la comunione ai fedeli ogni domenica. Si comunicava solo nelle grandi solennità, dopo essersi debitamente confessati e ricevuto l’assenso del parroco. Nelle Chiese ortodosse – ad esempio – è ancora così.

Piccolo corollario

In questi giorni i fedeli ricevono, se lo desiderano, la “piccola” consolazione di unirsi spiritualmente – attraverso la video-tecnologia – alla messa celebrata dai loro pastori. Consapevoli che questo non possa realizzare l’atto celebrativo, possiamo dire che con tale prassi ci si unisce spiritualmente e fruttuosamente a chi sta celebrando ma non si celebra, poiché l’agire di Cristo, realmente presente nella sua Parola e nell’Eucaristia, non può essere affidato alla non-reale e totale presenza di colui che è assente. Al vero Corpo di Cristo deve corrispondere il vero Corpo della Chiesa!

don Gianandrea Di Donna, liturgista e direttore dell’Ufficio diocesano per la Liturgia

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Il vescovo Claudio celebra la messa alla Cappella degli Scrovegni

Domani, mercoledì 25 marzo, solennità dell’Annunciazione del Signore, il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, celebrerà, a porte chiuse, la messa alle ore 11 all’interno della Cappella degli Scrovegni a Padova.

La celebrazione verrà trasmessa in diretta sul canale Youtube della Diocesi di Padova ( https://www.youtube.com/c/DiocesiPadovaVideo) e tramite i canali comunicativi del Comune di Padova.

La Cappella degli Scrovegni venne consacrata il 25 marzo 1305. Da antica tradizione per ricordare questo evento, in questa data, in cui la Chiesa celebra la solennità dell’Annunciazione del Signore, si celebra la messa all’interno della Cappella degli Scrovegni, affrescata da Giotto.

Quest’anno e nella situazione particolare che stiamo vivendo, sarà proprio il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla a presiedere la santa messa: «Ho accolto volentieri l’invito di celebrare l’Eucaristia, in occasione della solennità dell’Annunciazione nella Cappella degli Scrovegni e nel bellissimo e unico contesto degli affreschi di Giotto, innanzitutto perché è una festa – la solennità dell’Annunciazione – su cui desideravo richiamare attenzione e volevo farlo celebrando in un luogo dedicato a Maria. E questa Cappella è intitolata a Santa Maria della Carità. L’annuncio fatto a Maria dall’arcangelo Gabriele è il segno della carità di Dio e celebrando lì confermiamo la fede della nostra Chiesa nella carità di Dio, nel suo amore per noi anche in un tempo di difficoltà come quello che stiamo vivendo. Questo è un momento in cui ritorniamo a una dimensione molto seria e profonda della nostra fede: Dio ci vuole bene e chiediamo di saper riconoscere il suo amore in tutti i contesti, anche in quelli che la natura e la storia ci presentano difficili. Il Signore ci raggiunge con la chiamata che rivolge a Maria per portare l’annuncio del suo amore e Gesù ne è il segno: nella sua vita è stato vicino a tutti, ai lebbrosi, ai ciechi, a chi era sfiduciato, ammalato… Noi accogliamo questa Parola che ci parla dell’amore di Dio, oggi, anche in questo contesto così impegnativo come quello del virus che ci sta minacciando in ogni casa e in ogni contesto sociale».

 

 

 

 

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Ultime disposizioni sulle celebrazioni del Compimento dell’Iniziazione cristiana (20 marzo 2020)

In allegato le ultime disposizioni sulle celebrazioni del compimento dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana con gli eventuali catecumeni ragazzi (7-14 anni) e della celebrazione dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana degli adulti (20 marzo 2020).

 

 

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Sacramenti dell’Iniziazione cristiana: il vescovo scrive alle parrocchie

Lettera alle parrocchie rispetto alle celebrazioni del Compimento dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana con gli eventuali catecumeni ragazzi (7-14 anni) e della celebrazione dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana degli adulti


Carissime parrocchie dell’intera Diocesi,

qualche giorno fa (09.03.2020) vi ho scritto riguardo alla celebrazione del Compimento dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana, proponendo alle parrocchie due date liturgiche molto significative: le solennità dell’Ascensione del Signore e di Pentecoste (24 e 31 maggio 2020). In quell’occasione avevo anche raggiunto i genitori con una lettera di vicinanza e di incoraggiamento.

Già allora queste indicazioni temporali avevano il sapore della precarietà, resa oggi ancora più evidente: gli eventi, infatti, legati al coronavirus ci sorpassano ora dopo ora tanto che diventa difficile fare qualsiasi previsione e dare delle indicazioni attendibili. La sfida di questo tempo, imprevista e traumatica, va accolta sia per la tutela che garantisce della vita di tutti, sia come occasione per incrementare la nostra fiducia in Gesù e nel valore della comunità cristiana.

Rispetto alla celebrazione del Compimento, d’accordo con gli Uffici pastorali, vi proponiamo brevemente tre percorsi.

 

La prima proposta

La celebrazione dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana (con eventuale ragazzo catecumeno, in età tra i 7 e i 14 anni) viene completamente differita di un anno, quindi alla Pasqua 2021. Questo permetterebbe un tempo più disteso di incontro con i ragazzi e le famiglie e anche il recupero dell’ispirazione catecumenale che vede nella Quaresima e nel tempo di Pasqua l’itinerario significativo e motivante per la celebrazione dei riti e dei sacramenti.

 

La seconda proposta

Si può valutare la possibilità di differire la celebrazione del Compimento dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana dei ragazzi (con l’eventuale ragazzo catecumeno, in età tra i 7 e i 14 anni) all’autunno 2020, all’inizio del nuovo anno pastorale. Già alcune parrocchie, facendo richiesta di una data diversa dall’Ascensione e dalla Pentecoste, optavano per questa possibilità.

 

La terza proposta

Si propone, infine, anche la possibilità di celebrare il Compimento dei sacramenti dei ragazzi (con l’eventuale ragazzo catecumeno, in età trai 7 e 14 anni) nella primavera di quest’anno, proposta che era già stata fatta all’inizio dell’emergenza sanitaria. Con tale possibilità, desidererei valorizzare gli itinerari di catechesi familiare che alcune parrocchie hanno lodevolmente attivato. La proposta delle solennità dell’Ascensione del Signore e della Pentecoste sarebbero, dunque, ancora fruibili, dopo aver consultato Organismi, catechisti, accompagnatori dei genitori e verificando la bontà del percorso di catechesi familiare. In effetti, come vi avevo già ricordato, la nostra fede ha carattere testimoniale, passa di persona in persona e i genitori sono essere i primi, significativi e autorevoli educatori alla fede. Queste indicazioni, ovviamente, sono soggette all’evolversi della situazione e delle normative ministeriali.                                                                                                                        

In conclusione, è chiaro che ogni parrocchia compirà la sua scelta tenendo conto di vari fattori: la grandezza della parrocchia, il numero dei ragazzi e delle famiglie, la disponibilità di catechisti e accompagnatori degli adulti, la complessità della vita pastorale con le sue date e i suoi ritmi. Vi chiedo solo di comunicare la decisione all’indirizzo: segreteriagenerale@diocesipadova.it.

Un ulteriore suggerimento. Raccogliendo la sfida di questo tempo inedito, continuo a raccomandarvi il valore dell’adulto e dei genitori, perché la fede è un dono che si comprende prevalentemente nell’età adulta con atteggiamenti e stili di vita duraturi e responsabili. Riconosco con piacere che questo è uno degli obiettivi del rinnovato cammino di Iniziazione cristiana intrapreso in Diocesi e affido ad ogni parrocchia le vie concrete e migliori per realizzare questo suggerimento.

In merito alle Cresime celebrate con il cammino tradizionale (circa una trentina da qui a giugno 2020), ogni parrocchia sarà contattata singolarmente dal Vicario per la pastorale e, situazione per situazione, si concorderà l’eventuale celebrazione nella data indicata o il suo spostamento.

Infine, i catecumeni adulti. A differenza delle mie precedenti disposizioni non sarà possibile celebrare l’Iniziazione cristiana degli adulti nel corso della Veglia pasquale. Seppur con rammarico, raccogliendo l’invito del Servizio nazionale del Catecumenato della Conferenza Episcopale Italiana, ci uniamo alle indicazioni comuni nel differire la celebrazione dei sacramenti alla Veglia di Pentecoste (sera del 30 maggio 2020). Vi invito a prendere i contatti mediante l’indirizzo: catecumenato@diocesipadova.it. Anche queste indicazioni, ovviamente, sono soggette all’evolversi della situazione e delle normative ministeriali.

Approfitto per rivolgere a tutti il mio saluto e incoraggiare ciascuno a vivere questo tempo come grazia del Signore.

+ Claudio Cipolla

Padova, 20 marzo 2020

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06_#iorestoacasaepenso_Michele Visentin

Una caratteristica peculiare di ciò che chiamiamo “evento” è quella di portare con sé una discontinuità. In questi giorni stiamo facendo esperienza di un evento, inatteso e traumatico, che non riusciamo a ricondurre a qualcosa di familiare. Qualcosa di nuovo ci è dato in consegna che rompe abitudini, schemi, consuetudini e ci costringe a cambiare la nostra comunicazione e lo stile di preghiera all’interno della comunità.

Ci sono, però, almeno due modi che, senza rendercene conto, utilizziamo per neutralizzare la potenza dell’evento (e del cambiamento che porta con sé): parlare dell’evento e affrettarci a mettere in ordine il disordine. Sono due atteggiamenti istintivi che tradiscono l’ansia di perdere parte del controllo che abbiamo faticosamente guadagnato. Hanno in comune la mancanza di ascolto profondo.

Aggiorniamo il momento di un coinvolgimento radicale, posticipiamo una decisione, ci rendiamo insensibili alla vertigine che proviamo di fronte a quella pagina bianca che ci viene incontro, non avendo cura delle parole, moltiplicandole in modo compulsivo per non sentire.

Per non ascoltare c’è un piccolo segreto che conosciamo bene: parlare. Finché parliamo noi, l’altro tace. Parlare dell’evento è un modo per addomesticarlo, fargli dire ciò che ci fa meno paura, usarlo come uno specchio, oppure trasformarlo in un fatto che può essere compreso grazie alle parole che come una rete lo imbrigliano e lo mettono a tacere. Coprirlo di parole e interpretazioni prima ancora che ci incontri e ci parli, è un modo efficace per azzerare il carico di novità che porta con sé. «Terrò i pensieri accanto a me e li avvolgerò nel calore bianco di una pagina, perché la bocca non li divori e l’aria non li disperda troppo in fretta» si propone Lea Melandri nel suo Alfabeto d’origine. Per noi il proposito di una preghiera discreta.

Un secondo modo per ridurre la potenza dell’evento, che solitamente ci provoca un arresto, è quello di accelerare per riportare al più presto la situazione allo stato originario o almeno riparare il danno. La scuola sta correndo questo rischio. Senza rendercene conto, per il timore di perdere qualcosa di essenziale (familiare?), ri-produciamo dinamiche conosciute con strumenti nuovi, anziché produrre nuove dinamiche a partire dai vincoli che l’evento ci impone. Sono lodevoli i tentativi di molti operatori pastorali, di tenere vivi i legami interpersonali all’interno della comunità e garantire, ad esempio, la partecipazione “a distanza” della santa messa. Non perdiamo, però, l’occasione, di comprendere che ciò che può venire perduto non può essere essenziale o non potrebbe venire perduto. Ricordo, a questo proposito, un’intensa meditazione di suor Rosanna Gerbino a partire dal versetto del Vangelo di Luca «Appena la voce cessò, restò Gesù solo» Lc 9,36 tratto dal racconto della Trasfigurazione e le sue parole conclusive: «restò Gesù solo perché ciò che resta è ciò che vale e la vita vale perché nella vita ci sono le cose che restano».

Michele Visentin, docente ISSR di Padova

20 marzo 2020

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