14_#iorestoacasaepenso_Giovanni Realdi

Il fatto è che lo star fermi conduce obbligatoriamente ad aumentare il tempo di pensiero. E se nessuno ci ha insegnato come e cosa pensare, noi semplicemente ospiteremo in testa quanto ci troviamo di disponibile, e quindi – di questi tempi, ben prima dell’epidemia – quanto di letteralmente disponibile troviamo tra le mani, scorrendo le schermate del telefono.

Nulla di male. È che, direbbe Foster Wallace, non stiamo facendo nessuno sforzo, non stiamo affatto scegliendo a cosa dedicare il tempo, su cosa accendere la luce della ragione. Immersi nello streaming, nel flusso di notizie, meme, video, audio, immagini possiamo persino convincerci di esserci fatti un’idea del mondo.

Possiamo certo alleviare lo spirito, qualora esso sia appesantito dal dolore. Se tuttavia perseveriamo in un costante status di leggerezza, è perché abbiamo scordato il momento esatto in cui tutto è diventato pesante. In cui noi ci siamo fatti pesanti.

Da pesanti a pensanti: si rende necessario uno sforzo, salire un gradino un poco alto, alzarsi dalla sedia. Uno stacco, un’interruzione forzata. La corrente salta, tutto resta buio. Ecco che reagiamo, cerchiamo una candela – metaforica si intende –, nulla da mostrare alla finestra.

Se per cause da noi indipendenti ci sia restituito un poco di tempo, usiamolo per prenderci la distanza di cinque centimetri dalla realtà. Per guardarla da fuori.

Ma se ora ci pensiamo, non facciamolo solo per pensarci su – ricadremmo nella corrente –e invece abbiamo voluto togliere la spina.

Ecco: la preghiera – questo millenario istituto – è un modo per galleggiare sulla realtà, senza essere palloni gonfiati. È un modo per non affogare nella realtà, facendoci un poco più leggeri, non piume, ma pomici.

Prendere le distanze vuol dire prendere atto che anche oggi possiamo mangiare; vuol dire celebrare che siamo qui e possiamo vederci e parlarci; vuol dire confessarci che la notte fa paura, e che possiamo raccontarci i mostri che stanno sotto i letti; vuol dire riportare alla memoria chi non ha nulla di questo, perché è nato in Siria, o in Libia, o…

Vuol dire sentire sul viso, come nella primavera che inizia, il sole, che dice: voi siete figli amati. Da pesanti, a pensanti, a pensati.

Giovanni Realdi, insegnante e formatore

2 aprile 2020

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Dove vuoi che ti prepariamo la Pasqua

Quest’anno per ciò che tutti stiamo vivendo, è davvero un anno particolare e lo sarà anche e soprattutto per la Pasqua che vivremo. Una Pasqua che nessuno si ricorda così, neppure i più anziani. E tuttavia una Pasqua quanto mai vera, proprio come quella che visse Gesù nella sua carne, e che ha stampato nel cuore dei suoi fratelli e sorelle attraverso il suo corpo e il suo sangue.

La Pasqua va preparata, e soprattutto quest’anno in cui non potremmo celebrarla in chiesa.

Già nel libro dell’Esodo (cap. 12) Dio dà a Mosè delle precise indicazioni su come preparare e vivere la Pasqua, all’interno di ogni famiglia ebrea che si apprestava a lasciare l’Egitto.

E anche Gesù chiede ai suoi discepoli di andare a preparare la Pasqua:

Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: «Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare». Gli chiesero: «Dove vuoi che la prepariamo?».  Ed egli rispose: «Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua. Seguitelo nella casa dove entrerà e direte al padrone di casa: Il Maestro ti dice: Dov’è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà una sala al piano superiore, grande e addobbata; là preparate». Essi andarono e trovarono tutto come aveva loro detto e prepararono la Pasqua. (Lc 22,8-13)

E dunque, prepariamoci alla Pasqua insieme, nel nostro cuore, con la nostra famiglia, dentro alle nostre case.

Il testo che trovate in allegato offre una traccia che può essere riadattata a seconda delle possibilità di ogni singolo o famiglia. Nelle famiglie con la presenza dei bambini è bene valorizzare il loro coinvolgimento.

Buona preparazione alla Pasqua.

Don Giorgio

 

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13_#iorestoacasaepenso_don Luca Facco

Come vivere la carità in tempo di Coronavirus? In tempi di non prossimità?

La domanda è aperta e posso solo provare a condividere cosa stiamo imparando in questo momento…

Stiamo imparando che la prima e più importante forma di carità oggi è stare a casa. E rispettare le regole delle autorità sanitarie.

Stiamo imparando a voler bene a noi stessi. Come già ci aveva indicato Gesù di Nazareth: «ama il prossimo tuo come te stesso». Oggi possiamo porre molta più attenzione e cura al nostro mondo interiore. È importante in questo tempo aver cura del lavaggio delle mani, di ogni attenzione per evitare qualsiasi forma di contagio, ma questo tempo ci aiuta anche ad aver cura dei nostri pensieri, delle nostre paure, delle nostre preoccupazioni. Questo non è solo un tempo di attesa, perché tutto finisca presto, quasi una perdita di tempo, ma è un tempo di cui tener traccia, perché può ri-velarsi un tempo fecondo di pensieri nuovi e di conoscenza di noi stessi. Può essere di aiuto tenere un diario dove scrivere tutto quello che stiamo conoscendo, ascoltando, incontrando e che si sta muovendo dentro di noi: pensieri, sentimenti, intuizioni…

Stiamo riscoprendo il modo di voler bene a chi ci vive accanto. Stiamo vivendo con i nostri familiari o abitanti della stessa casa/comunità molte ore insieme. Non sempre è facile e semplice, ma possiamo imparare a vivere gesti di gentilezza, piccole attenzioni e cura di particolari che possano aiutarci a vivere questi rapporti stretti come momenti di grazia e di conoscenza reciproca.

Stiamo imparando a voler bene ascoltando e chiamando amici, parenti, persone sole, persone che da tanto tempo non sentiamo. Stiamo imparando che Carità non è fare, parlare, dare, ma la prima e più alta forma di carità è l’ascolto. Quanto è importante fare una chiamata semplicemente per chiedere “come stai?”, ascoltare le parole, ascoltare il tono di voce, ascoltare il detto e il non detto. Ascoltare non facendo mille altre cose in contemporanea, ma con attenzione e consapevolezza.

Stiamo imparando a voler bene rioganizzando e trasformando tutti i nostri servizi caritativi per renderli possibili e adeguati alle nuove esigenze. Stiamo imparando ad accogliere la disponibilità e la voglia di far del bene di tanti giovani che si stanno mettendo a disposizione per portare, nelle forme adeguate, la borsa spesa a tante famiglie con vulnerabilità e fragili dal punto di vista economico.

Stiamo imparando a voler bene riscoprendo il valore della preghiera personale/familiare e domestica. Una preghiera che diventa intercessione per tante situazioni drammatiche che sentiamo durante il giorno ma anche una preghiera che diventa gratitudine e riconoscenza per tanti esempi di passione, dedizione, amore di cui sentiamo parlare in questi giorni.

don Luca Facco, direttore Caritas Padova

1 aprile 2020

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Uniti al Signore. Comunione spirituale, la grazia di questo tempo

In queste settimane l’epidemia del coronavirus impedisce ai fedeli di partecipare alla messa e di ricevere la comunione.

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Eucaristia e risurrezione. Dono per il presente e per il futuro

Il progetto di Dio che noi abbiamo la vita in abbondanza si compie con la nostra partecipazione alla risurrezione di Cristo comunicata a noi per mezzo dell’eucaristia. L’eucaristia, donandoci il corpo di Cristo risorto in cui «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità», ci assimila a lui nell’anima e nel corpo per vivere come lui nel tempo e risorgere per l’eternità.

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Solo il balsamo della comunità. A Merlara non sono stati possibili i funerali dei 22 anziani ospiti della residenza Scarmignan morti di Covid-19

I familiari non hanno potuto dare l’ultimo saluto ai 22 anziani ospiti della residenza Scarmignan di Merlara morti per l’infezione. Pur nella tragedia, l’intera comunità cristiana di Merlara e Minotte si riscopre più forte intorno alla preghiera grazie anche al parroco don Lorenzo Trevisan.

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Funerali e Coronavirus. “Ognuno sarà ricordato nel nome di Cristo risorto”. Parla il vicario generale don Giuliano Zatti

Comprendendo l’enorme peso portato in questa situazione da parte di chi si trova nella sofferenza e nel dolore per la perdita di una persona cara, la Chiesa di Padova continua a rispettare le direttive imposte dal Governo per limitare al minimo il contagio. Pertanto, come su tutto il territorio nazionale, sono sospese anche le celebrazioni pubbliche dei funerali.

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