Da sant’Antonio il forte e attuale richiamo all’unità nello spirito e nella vita
La festa di sant’Antonio ci restituisce ogni anno un senso di grande unità nell’appartenenza alla nostra città – Padova – che per Provvidenza storica custodisce le spoglie di quest’uomo, il quale ha saputo incarnare profondamente il Vangelo, senza temere di scuotere le coscienze dei suoi contemporanei.
Tra i molti passaggi significativi dei Sermones di Antonio, uno in particolare mi ha portato a riflettere in questo nostro tempo: «Invece noi, fratelli, cerchiamo di essere solleciti e non pigri; cerchiamo di conservare e non di rompere l’unità dello spirito. Custodiamo l’unità dello spirito, o carissimi, con grande sollecitudine, come le conchiglie marine custodiscono con grande cura le loro perle […] In una conchiglia non si trovano mai due perle insieme, perché nella mente del giusto non c’è il sì e il no allo stesso tempo (cf. 2Cor 1,17-19), non ci sono due parti, non c’è discordanza, ma «unità»; il giusto cerca sempre di conservare l’unità dello spirito nel vincolo della pace (cf. Ef 4,3)» [dal Sermone per la XVII Domenica dopo Pentecoste].
Il “Santo” ci fa sentire comunità unita, e ci chiede continuamente di mettere in movimento le nostre coscienze, affinché siano coerenti e fedeli al Vangelo e conservino l’unità dello spirito.
Veniamo da giorni di grande dibattito pubblico – e di strumentalizzazioni – legato alle vicende politiche, che ha toccato anche i cristiani: si è parlato di simboli religiosi, di voto dei cattolici alle elezioni europee e delle loro posizioni su alcuni temi sociali emergenti, di ruolo della Chiesa nella società italiana. Tutto questo ha segnato qualche frattura e ha lasciato nei cuori un certo senso di divisione, anche tra noi cristiani. E questo non ci lascia indifferenti.
Come cristiani siamo chiamati all’unità come membri della Chiesa e dovremmo evitare in tutti i modi che le diverse opinioni politiche ci dividano, senza dimenticare che l’essere cristiani implica una continua riflessione sul nostro agire e le nostre scelte. Ciò che ci unisce nella Chiesa è la fede nel Signore risorto, è lo Spirito Santo, è il sentirsi figli dell’unico Padre, e dunque fratelli e sorelle: un legame di natura spirituale, dato dal Battesimo. La politica è una realtà umana, è un mezzo per raggiungere obiettivi di bene comune su questa terra, e come tale è relativa, mai assoluta. La Chiesa è una realtà spirituale, che si fonda su un legame che precede e va oltre le questioni politiche, pur non essendone disgiunto. Essa è sacramento dell’unità del genere umano e deve rimanere il segno che è possibile riconoscersi anche nelle differenze.
Il richiamo a non accentuare le divisioni ha un significato anche per la nostra città: Padova ha bisogno di segni di unità, di concordia, di pace sociale, per poter crescere nel benessere, nella giustizia. Ha bisogno che nel gioco pur legittimo di visioni e interessi diversi che si confrontano nessuno perda mai il senso del bene comune. Come cristiani siamo chiamati a essere segno di unità, riconoscendoci, rispettandoci per servire e costruire coesione laddove viviamo, per essere tessitori di relazioni solidali in ogni piega del vivere sociale, per proporre dialogo e sintesi nuove laddove si manifestano conflitti.
Un segno triste di questa divisione che dalla politica si trasferisce alla Chiesa è una certa insofferenza che serpeggia nei confronti di Papa Francesco e, specularmente, alcune strumentalizzazioni di parti del suo Magistero. Certo, questo è sempre avvenuto nella storia della Chiesa, spesso proprio per ragioni politiche. Il Papa, per i cattolici, è il segno di unità nella Chiesa, è colui che è stato chiamato a tenere saldo il legame della Chiesa con il Vangelo, e lo si deve riconoscere come tale, anche quando richiama valori che scomodano le proprie visioni umane. È sempre il momento di farsi interrogare dalle parole del Papa.
Tutto ciò mi suscita un’ulteriore considerazione: il cristiano è uno che si lascia mettere in movimento dalla parola del Vangelo, annunciato nella Chiesa. La coscienza del cristiano è sempre in “riforma”: le sintesi raggiunte, le convinzioni, sono sempre provvisorie, perché il Vangelo e lo Spirito spingono a un di più di comprensione e di applicazione alle situazioni più diverse, di quelle parole apparentemente uguali. Nessun cristiano può dire di aver già capito tutto. Il cristiano per questo non s’irrigidisce nelle sue sintesi politiche e, soprattutto, non è mai chiuso al dialogo, specie con i fratelli nella fede: essi, infatti, nella misura in cui vivono autenticamente la ricerca e l’ascolto del Vangelo, sono sempre portatori di un frammento di verità, che merita quanto meno di essere ascoltato. Inoltre rimane vero che non tutto è compatibile con il Vangelo: il cristiano, pertanto, quando sceglie una parte politica, lo fa sempre in modo “critico”, per custodire sempre la “perla” della propria coscienza.
Le questioni che anche la politica oggi pone di fronte alla nostra coscienza sono molto grandi: il rispetto della vita in tutte le sue fasi (penso all’aborto, o ai tentativi di introduzione di pratiche eutanasiche); l’attenzione ai più fragili, agli emarginati, agli stigmatizzati, agli ultimi; la crisi ecologica tremenda alla quale stiamo andando incontro; le questioni dell’economia. Sono temi che non ci portano lontani dal messaggio di Gesù: lo evidenziava già Giovanni Paolo II quando diceva che l’uomo concreto, con la sua dimensione personale e sociale, è «la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso». Di fronte a tali temi la nostra coscienza di cristiani è sempre inquieta, umile e in movimento. Ogni cristiano cerca compagni di strada che – anche se partono da posizioni diverse – abbiano la stessa umiltà e voglia di cercare, di interrogarsi, di contaminarsi, senza alzare muri immobili di divisione, di giudizio, di esclusione; ogni cristiano cerca fratelli e sorelle che abbiano voglia di farsi provocare continuamente e profondamente da quel Vangelo sempre uguale ma sempre vivo e tagliente, che continuamente ci destabilizza nelle nostre certezze.
A volte il dibattito su questi grandi temi, nelle nostre comunità e nella nostra città, sembra irrigidito su posizioni ideologiche o latente per timore del confronto o di mettere in discussione le personali provvisorie convinzioni. È importante, allora, come cristiani essere sale nella società, coscienze in movimento, fermenti di dialoghi vivaci e rispettosi, capaci di generare continuamente visioni nuove.
Sant’Antonio, venuto a Padova, ha declinato l’immutabile Vangelo nella situazione di questa città. Con la sua coscienza e le sue parole ha fatto vivere il messaggio di Gesù nella concretezza della vita, estraendone la capacità trasformatrice. Uniti attorno al Vangelo e al messaggio forte che il Santo ci ha trasmesso, lasciamo che esso ci scuota, ci faccia abbandonare le sterili contrapposizioni di interessi e di posizione, ci metta in dialogo fecondo e ci renda capaci di farlo vivere in sintesi nuove per il bene di tutti.
+ Claudio Cipolla, vescovo di Padova
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