Sobrietà digitale per le vittime di Genova

L’atteggiamento spirituale che -a mio parere- più si addice di fronte a gravi tragedie come quella accaduta a Genova nel crollo del ponte Morandi è il silenzio, sia per i credenti che per atei e agnostici.

Privarci delle parole significa innanzitutto ascoltare i moti dell’anima, le domande che si fanno largo tra le pieghe inesplorate del profondo, i gemiti provocati dalla compassione e dalla pietà religiosa, per chi la conserva.

L’assenza di suono equivale a fermarsi sulla soglia del dolore altrui, accarezzandolo con empatia e rispettandone, nel contempo, la dimensione intima e insondabile.

La preghiera, per chi la vive e la valorizza, può esprimersi anche nella pratica muta dell’adorazione e colloquio interiore con Dio.

Un silenzio che può tradursi in sobrietà digitale, nuova forma di rispetto richiamata da una dimensione etica non ancora sufficientemente esplorata e resa propria.

Non sempre è possibile esimersi dal confronto in Rete ma auspico e faccio appello a quanti sentono questo dovere di coscienza di contribuire a silenziare il più possibile le esecrabili fake news sorte sui gravi fatti di Genova, le bufale che inquinano la nuda verità dei fatti, le polemiche sterili che nulla aggiungono e nulla sottraggono all’accaduto.

Ne abbiamo trattato in vari contesti, siamo arrivati anche ad elaborare una dichrazione etica su questi temi. Ora è tempo di agire sottraendo le parole, se non necessarie, o a chi ne fa uso improprio.

Marco Sanavio

Direttore www.diocesipadova.it

Foto: Agensir.it

 


 

DICHIARAZIONE DI PADOVA SULL’ETICA DEL DIGITALE

La dimensione onlife del nostro quotidiano, che supera l’iniziale distinzione tra esperienza online e offline, sta modificando gradualmente ma significativamente le nostre persone e il nostro approccio al mondo. La rete Internet e la tecnologia promettevano di liberarci dalle catene del lavoro e dei regimi, non di fare business con le nostre identità. Ciononostante nutriamo sentimenti positivi e di speranza e, al tempo stesso, di seria preoccupazione per quanto sta accadendo.

Ecco perché, su questa premessa, i sottoscrittori della Dichiarazione di Padova fissano sei principi, che vogliono essere un minimo comune denominatore che nasce dal basso, sperando diventino presto una forte traccia verso questo nuovo orizzonte dell’etica:

1. Riteniamo opportuno riflettere e fare il possibile per controllare e governare i nostri comportamenti anche all’interno dell’infosfera così che la responsabilità sulle nostre parole, azioni e silenzi sia piena anche nelle mediazioni elettroniche e tecnologiche. In questa prospettiva chiediamo con forza che, nelle interazioni mediate dal digitale, siano sempre garantiti il rispetto della persona e della sua reputazione e respingiamo con forza ogni tentativo di ledere questo diritto inalienabile.

2. La dimensione digitale del nostro quotidiano non è costituita solamente dalla rete Internet ma comprende, solo per elencare alcuni esempi, il vasto continente della videoludica, l’ambito dell’informazione, l’integrazione con gli oggetti di uso quotidiano (IOT), la domotica, i servizi pubblici offerti dalle smart cities, la robotica, la telepresenza, l’automazione del lavoro. Per questo sviluppare un’etica dell’ambiente digitale significa attivare una riflessione costante e un senso di responsabilità su un vasto spettro di interazioni quotidiane che ci interpellano molto concretamente sin d’ora e non in un futuro indefinito.

3. Avvertiamo il dovere di elaborare insieme, condividere e tutelare un sapere a servizio dell’uomo, soprattutto per i più piccoli che osservano il nostro comportamento per trarne indicazioni etiche per sé e per il futuro. Essere corretti e coerenti, mettendo al centro il bene comune, restituisce a noi integrità e maggiore dignità e può sostenere i più giovani nella propria educazione della coscienza e nell’operare scelte per il bene comune.

4. Siamo consapevoli che la ricerca della verità, pur rimanendo una tensione ideale mai pienamente raggiunta, ci impegna in una costante attività volta a sgretolare pregiudizi e precomprensioni e ci stimola ad una maggiore responsabilità nell’accogliere ogni informazione pubblicata nell’infosfera e al costante rispetto di qualsiasi persona, anche nelle sue estensioni di presenza nella mediazione digitale.

5. I dati genetici, biometrici e qualsiasi altra informazione sensibile relativa a ciascun individuo fanno parte di un patrimonio personale che deve essere tutelato con le maggiori garanzie possibili, soprattutto quando si tratta di minori e anziani che spesso sono carenti degli strumenti necessari per difendere e proteggere i propri dati personali a volte carpiti anche inconsapevolmente.

6. Avvertiamo che quanto è stato fatto finora per l’educazione delle coscienze nell’abitare l’ambiente digitale è significativo ma non è abbastanza. 
Lanciamo quindi l’appello a tutte le agenzie formative, alle istituzioni, alle organizzazioni, alle aziende, alle religioni e alle loro guide e a quanti hanno a cuore la formazione dei più giovani perché ci si adoperi con creatività e vigore in un’opera di educazione delle coscienze e di formazione generale che abbia sempre come orizzonte la promozione e il rispetto del bene comune e di ogni essere umano in tutte le sue espressioni ed estensioni di presenza all’interno dell’ambiente digitale.

Padova, 12 maggio 2018

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